Elezioni ormai lontanissime. A Renzi tocca fare il segretario. Letta resiste agli attacchi del rottamatore. Intanto Epifani rivendica i successi del Pd

di Lapo Mazzei

E ora che si fa? Si frena o si accelera? E già, perché il valzer della fiducia ballato da Silvio Berlusconi alla vigilia del giorno fatale, oggi la giunta del Senato vota la decadenza del Cavaliere da senatore per mandare il prima possibile la pratica in Aula, non è uno di quei passi di danza innocui e privi di effetti collaterali. Il vortice d’aria prodotto dal voto di fiducia, diventato un vero e proprio uragano per Falchi e Colombe del Pdl, ha smosso anche le tende in casa Pd. Dove lettiani e renziani hanno socchiuso le finestre, in modo da evitare sguardi indiscreti, ma non tanto da evitare sussurri e grida. Il voto sofferto e diviso del Pdl, infatti, non rappresenta affatto un’ assicurazione sulla vita per il partito guidato da Guglielmo Epifani, che deve sciogliere il nodo del congresso. Semmai è un bonus per il premier che ora potrà contare su un capitale più solido e spendibile in qualsiasi momento. Soprattutto se dal congresso che verrà ne uscirà un Renzi segretario ma non troppo.

Correnti in azione
Il lavoro delle correnti, decise ad erodere voti al LoRenzi il Magnifico del terzo millennio, si è tutt’altro che fermato. Anzi, ora potrà procedere con maggior cautela. Insomma, come accade sull’altalena, Letta sale Renzi scende. Non a caso uno dei membri forti del cerchio magico del sindaco di Firenze ha sentito l’urgenza, nonostante il blackout della politica dettato dalla tragedia di Lampedusa, di rimettere in moto la macchina della polemica interna. “Il governo, dopo il voto di fiducia, ha in Renzi un punto di riferimento determinante”, sostiene il deputato del Pd Angelo Rughett, “è lui che Letta ha voluto incontrare prima di chiudere l’accordo con Alfano. E’ a lui che gli scissionisti del Pdl hanno chiesto garanzie di stabilità”. Probabilmente tutto ciò ha un fondo di verità. Probabilmente Berlusconi si è davvero reso conto che votare la sfiducia lo avrebbe esposto all’assalto frontale, forse addirittura letale, del giovane rottamatore. E, altrettanto probabilmente, Letta deve aver imposto a Renzi una tregua armata, consapevole di avere i numeri al Senato. Ipotesi, suggestioni, indiscrezioni che portano dritti al tema del congresso. Che il Pd, ora, può fare, non avendo più alle spalle l’ombra inquietante della crisi di governo. Il fatto stesso che Renzi non abbia commentato quanto avvenuto in Aula al Senato la dice lunga sullo stato dell’arte. Perché Matteo non crede affatto a un Berlusconi disposto a deporre le armi, tantomeno e disposto ad assecondare l’idea di un partito ben disposto nei sui confronti. Paradossalmente la vittoria di Letta potrebbe rivelarsi una sua sconfitta. “Il comportamento di Renzi”, spiega ancora Rughetti, “va sottolineato per il senso di responsabilità e per aver sostenuto Letta in una fase in cui posizioni diverse avrebbero potuto mettere in seria difficoltà la riuscita dell’operazione”. Dirlo a cose fatte ha davvero il sapore della beffa visto i ripetuti attacchi portati da Matteo al compagno Enrico nel momento di maggior difficoltà, sostenendo che il governo era fermo mentre tutto il mondo intorno si stava muovendo.

Epifani for president
E allora vien quasi voglia di dare ragioni a Guglielmo Epifani. “Con me abbiamo vinto le elezioni amministrative, abbiamo incassato il successo del Senato e i sondaggi non sono mai andati così bene da quando ci sono io…”. E’ il compiacimento di Guglielmo Epifani raccontato da un esponente del Pd con cui il segretario ha parlato alla Camera dopo che il governo Letta ha incassato la fiducia dal Parlamento. Il colloquio, come hanno raccontato alcuni deputati, è ricco anche di dettagli e sfumature che descrivono un Eifani particolarmente euforico. Il segretario, infatti, sarebbe entusiasta della sua “gestione”, che considera “straordinari” i risultati che si stanno ottenendo e che riscontra una popolarità sempre più crescente sulla sua persona. Tanto che, continua il racconto, “chi gli ha parlato gli ha detto: ma allora candidati al Congresso”. Epifani avrebbe sorriso e preso l’incitamento come una battuta.
Già, una bella battuta. Che, se uno segue il copione Renzi, potrebbe diventare realtà. E per Matteo non sarebbe un buongiorno. Epifani quest’oggi, sarà a Napoli, presso il Teatro Totò dove parteciperà ad un’iniziativa sul lavoro, promossa dai Circoli del lavoro del Partito democratico. Ohibò, quisquilie e pinzillacchere o il salto del giaguaro? Ma mi faccia il piacere… Trattandosi del Pd tutto può essere.