Furbate non intelligenti. Il leader di Italia Viva mosso da invidia personale. Parla il sociologo Domenico De Masi: “Ormai nessuno si fida più di Renzi”

Furbate non intelligenti. Il leader di Italia Viva mosso da invidia personale. Parla il sociologo Domenico De Masi: “Ormai nessuno si fida più di Renzi”

Quelle di Renzi “sono furbate poco intelligenti”. Sono “manovre per accontentare questo o quello”. Ma siamo arrivati a un punto in cui “assistiamo a una sorta di partita di poker: ecco, a volte Renzi sembra più un pokerista che un politico. Ma non sempre a carte si riesce a vincere…”. La metafora del sociologo del lavoro Domenico De Masi calza a pennello: “una sorta di partita a scacchi dove ognuno fa la sua mossa e per la quale l’esito finale resta assolutamente incerto fino all’ultima pedina”.

A meno che non si arrivi a uno scacco matto.
Vero. Ma è imprevedibile.

Lei che idea si è fatto?
Guardi, queste sono furbate poco intelligenti. Ed esattamente come le furbate, le conseguenze di queste azioni sono incontrollabili e imprevedibili. Le mosse intelligenti, invece, comportano effetti netti: o bianco o nero. Purtroppo non è questo il caso.

Lei però si è fatto un’idea di cosa sia accaduto? Prima era il Recovery Plan, poi il Mes… perché Renzi ha alzato così il tiro?
Guardi, io credo – ma ovviamente è solo la mia opinione – che Renzi sia mosso da ragioni personali più che politiche. Ed è sempre stato così. Una volta era “invidioso” di Enrico Letta e ha preso il suo posto. Oggi è “invidioso” di Conte. La differenza è che al tempo c’era, per l’appunto, Letta che aveva un’altra indole rispetto a Conte. Il presidente del Consiglio sa il fatto suo e, così come ha messo a posto Salvini, non mi stupirebbe se facesse lo stesso con Renzi.

Che poi, professore, abbiamo già avuto modo di conoscere Renzi al governo. Forse non bisognerebbe dimenticarsene…
Guardi, io le parlo del settore che più conosco: il mondo del lavoro. Prima della riforma del Jobs Act l’occupazione era a quota 57,1%. Dopo la riforma è salita al 58,4. Parliamo dunque di un incremento infinitesimale. E di contro, però, cosa ha creato quella riforma? Scontri, contestazioni, conflitti sociali, scioperi. Esattamente come capitato con la battaglia simbolica contro l’articolo 18.

Pochi giorni fa la ministra Bellanova, che è stata sindacalista in passato, ha detto che l’articolo 18 appartiene al secolo scorso…
Intanto oggi, checché ne dica lei, quasi nessun lavoratore ha più tutele che siano realmente tali. Le dirò di più: in quegli stessi anni del Jobs Act ad aumentare spaventosamente il tasso di occupazione è stata la Germania. Sa come ha fatto?

Come?
Riducendo l’orario lavorativo, semplice. Avremmo potuto farlo anche noi e invece niente. Oggi un lavoratore tedesco lavora in media 1.356 ore all’anno, un lavoratore italiano, invece, 1.723. In pratica il lavoratore italiano lavora il 20% in più e guadagna il 20% in meno. Le pare normale?
Intanto, nonostante di acqua sotto i ponti ne sia passata, siamo ancora a parlare di Renzi che è oggi ago della bilancia.

Assolutamente vero. Però le ripeto: mi sembra che stia agendo più da pokerista che da politico.
C’è, però, una cosa che non ha capito Renzi.

Cosa?
La gente non si fida più di lui come prima. Anzi: più passa il tempo e meno ci si fida.

Professore, so che non ha la sfera di cristallo, ma cosa crede accadrà ora?
Impossibile dirlo. Ma alla fine attenzione a Conte, l’unico che ha un lavoro diverso dalla sola politica. Non mi stupirebbe – e anzi lo capirei – se a un certo punto il professore si stancasse di questi giochetti politici e tornasse a fare il docente universitario.