Gli interessi delle confraternite nella gestione dei migranti. E i vescovi si spaccano sulle Ong

Le Ong aprono una crepa tra i vescovi. In realtà dietro la spaccatura ci sono gli interessi delle Confraternite nella gestione dei migranti

Adesso neanche i vescovi si raccapezzano. Il ruolo delle Ong, pressate dalle accuse di collaborare con scafisti e trafficanti di uomini, non divide solo le anime del Governo. Anche nel mondo cattolico c’è una bella frattura. E a ricomporla non serviranno certo le parole dette ieri dal presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, che si è schierato a favore della linea rigorosa del ministro dell’Interno, Marco Minniti. “Proprio per difendere l’interesse del più debole”, ha spiegato il presidente della Conferenza dei vescovi, “non possiamo correre il rischio, neanche per una pura idealità che si trasforma drammaticamente in ingenuità, di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana”. Una dichiarazione che sembra contraddire la recenti prese di posizione pro Ong arrivate dall’organo della stessa Cei, Avvenire, e dalla Caritas. Ciò che Santa Sede e vescovi non dicono, per ovvie ragioni, è che dietro la spaccatura ci sono ancora i tanti interessi del mondo cattolico nella gestione dei migranti. In prima linea, in particolare, c’è il movimento delle Confraternite e Arciconfraternite.

Dettagli taciuti – Si pensi a uno dei punti geograficamente più caldi per i flussi migratori, ossia Lampedusa. Qui il Cpsa (Centro di primo soccorso e accoglienza) ancora oggi è gestito dalla Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia. Di cosa si tratta? Semplice, dell’organo che riunisce le bellezza di 700 Confraternite sparse su tutto il territorio italiano. Non solo: la Confederazione si è dotata anche di un omonimo Consorzio per partecipare agli appalti pubblici. Ma non finisce qui. Con il terremoto di Mafia Capitale, poi ridimensionatosi, al centro dell’attenzione era finito il Cara di Mineo, in Sicilia, il più grande centro d’Europa con 3 mila migranti ospitati. Ebbene, il tribunale nel 2015 aveva sottoposto ad amministrazione straordinaria i soggetti che avevano vinto il famoso bando da 100 milioni per gestire la struttura. Si dà però il caso che da qualche tempo l’amministrazione straordinaria sia stata revocata e gli stessi soggetti siano stati temporaneamente riammessi alla gestione del Cara, in attesa di un nuovo bando triennale (che stavolta dovrebbe essere di 50 milioni). E chi è rispuntato fuori tra i gestori? Innanzitutto il Consorzio Casa della Solidarietà, che riunisce molte cooperative sociali impegnate in attività di volontariato e formazione. Anche la Casa della Solidarietà è molto vicina ad ambienti cattolici. Di più, visto che fino a non molto tempo fa era direttamente legata all’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e San Trifone, recentemente soppressa dalla Diocesi di Roma proprio in seguito all’onda lunga di Mafia Capitale.

Gli altri – Non solo. Accanto al Consorzio, nella gestione del Cara di Mineo, è rispuntata fuori anche la cooperativa La Cascina, affiliata alla Casa della Solidarietà e considerata vicina a Comunione e Liberazione. Ma gli esempi sono tanti altri. Un’altra associata alla Casa della Solidarietà, la Cooperativa Tre Fontane, oggi gestisce il centro di San Bernardo a Roma. Insomma, il mondo cattolico ha evidentemente ancora diverse posizioni da difendere dietro al fenomeno dei migranti. E forse questa è la ragione di una spaccatura che potrebbe anche essere più profonda. Il fatto è che oggi in Italia sono ancora tantissimi i migranti ospitati nei vari centri statali e circuiti comunali (Cara, Cda, Cpsa, Sprar e via dicendo). Minniti (vedi articolo a fianco) non aggiorna da mesi il numero delle presenze. Ma dagli ultimi dati disponibili si parla di circa 175 mila migranti presenti sul territorio. Due anni fa ammontavano a circa 100 mila. La crescita, se confermata, sarebbe allarmante. E farebbe capire quanto è ancora potenzialmente cospicuo il business della “migranti Spa”.

Twitter: @SSansonetti