Gli Usa preparano le bombe. Mosca la rete di protezione

di Fabrizio Di Ernesto

L’attacco alla Siria è sempre più vicino. Ieri sono stati gli stessi paesi occidentali a rassicurare i ribelli in tal senso, a confermarlo poi alcune indiscrezioni diffuse dall’emittente statunitense Nbc secondo cui già domani inizieranno i primi bombardamenti che dovrebbero durare per tre giorni; a questo punto più che probabile che l’attacco arrivi senza il via libera dell’Onu, ma sia portato da una coalizione internazionale, magari in ambito Nato. Una forte accelerazione verso la soluzione militare si è avuta in questa settimana, dopo che per più di due anni il paese medio orientale è stato devastato da una cruenta guerra civile. A guidare la fila degli interventisti, come sempre, gli Usa; il segretario di Stato John Kerry dà ormai per appurato l’uso di armi chimiche da parte del governo di Assad che ha causato la strage del 21 agosto. Come già accaduto per l’Iraq, i primi a dirsi disponibili ad armarsi e partire per il fronte i britannici; il premier inglese David Cameron ha ribadito che la comunità internazionale deve rispondere al presunto attacco chimico in Siria e per mettere a punto le prossime mosse ha richiamato dalle ferie il parlamento inglese convocando per domani una riunione straordinario su Damasco nella quale verrà probabilmente solo ratificata la decisione di bombardare.

Washington contro Mosca
Se gli Usa vogliono affrettare le operazioni, la Russia continua a prendere tempo nel tentativo di evitare l’intervento contro Assad. Per domani era in programma un vertice tra le due super potenze per discutere la convocazione di un’eventuale conferenza di pace per la Siria. Washington ha però deciso di rinviare il summit con Mosca che, preso atto della decisione americana, non ha potuto far altro che esprimere il proprio rammarico. Secondo l’agenzia di stampa russa Itar-Tass, il dipartimento di Stato americano ha deciso di rinviare l’incontro perché sono in corso consultazioni sulla risposta adeguata all’attacco con l’uso di armi chimiche.
La strategia russa per la Siria è nota: impedire l’intervento dei paesi occidentali ricorrendo, come già fatto lo scorso anno, al potere di veto nel Palazzo di vetro. Non a caso Alexander Lukashevich, portavoce del Ministero degli Esteri russo, ha ribadito che i tentativi di aggirare il Consiglio di Sicurezza Onu “creano per l’ennesima volta pretesti artificiali infondati per un intervento militare nella regione, gravidi di nuove sofferenze in Siria e conseguenze catastrofiche per Medio Oriente e Nord Africa”; riguardo alle prove ‘’inconfutabili’’ sull’uso da parte di Damasco di armi chimiche di cui gli Usa sarebbero in possesso Lukashevich invita a presentarle quanto prima.

La posizione iraniana
Tra i paesi al fianco della Siria anche l’Iran che attraverso Abbas Araqchi, portavoce del ministero degli Esteri, ha ribadito che un attacco militare contro il governo di Assad avrebbe gravi conseguenze in “tutta la regione mediorientale”, auspicando che i leader europei prendano “decisioni sagge” ed evitino l’uso della forza ribadendo l’impegno di Teheran ad evitare il conflitto.
Di tutt’altro avviso la Lega Araba secondo cui “il regime di Bashar al Assad ha la piena responsabilità per l’uso di armi chimiche in Siria”, auspicando che il Consiglio di sicurezza dell’Onu superi quanto prima le divergenze e adotti efficaci misure dissuasive. Mentre Israele con il premier Netanyahu ribadisce che se missili dovessero colpire Tel Aviv risponderebbero subito al fuoco.

La sicurezza siriana
Anche se messi con le spalle al muro e minacciati da gran parte della comunità internazionale Assad e i suoi uomini continuano a sfidare l’Occidente; se nei giorni scorsi il presidente siriano aveva parlato di un nuovo Vietnam, ieri Walid al-Moallem, ministro degli Esteri siriani, ha rilanciato la sfida assicurando che Damasco si difenderà “usando tutti i mezzi disponibili in caso di un attacco da parte degli Stati uniti”. Secondo al-Moallem la Siria avrebbe due opzioni, cioè arrendersi o contrattaccare, e sceglierebbe la seconda. Il ministro non ha però fornito alcun dettaglio su quali siano i mezzi ai quali si riferisce.
La sorte della Siria appare sempre più segnata. L’attacco Occidentale sembra veramente una questione di ore. L’unica possibilità di evitare il conflitto appare la volontà russa di difendere Assad, anche se non si sa quanto Mosca potrà fare e se rischierà al punto di entrare in un conflitto contro la Nato e l’Occidente. Da valutare poi la posizione di Pechino. La Cina lo scorso anno si oppose in sede Onu all’intervento armato ma in questi giorni non ha mai preso una soluzione netta e decisa, troppi gli interessi cinesi nella zona in Medio Oriente per inimicarsi una delle parti in lotta. Oggi intanto potrebbe essere l’ultima possibilità per evitare una guerra che rischia di infiammare tutta una regione che negli ultimi anni ha conosciuto ben pochi periodi di pace.