I Cinque Stelle spariti dai territori. Mai partita la riorganizzazione

Mea culpa del leader M5S Conte dopo la batosta alle urne. Sulle larghe intese le porte però restano chiuse.

I Cinque Stelle spariti dai territori. Mai partita la riorganizzazione

Una batosta. L’ennesima. Quando si tratta di convincere gli elettori locali di votare il Movimento cinque stelle c’è poco da fare: qualcosa nel sistema di convincimento, di legame con attivisti e simpatizzanti, non funziona. Si è inceppato. Già perché questo è il problema: ciò che un tempo era il punto di forza del Movimento ai tempi di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, oggi è il vero punto di debolezza di Giuseppe Conte.

Mea culpa di Conte dopo la batosta alle urne. Sulle larghe intese le porte però restano chiuse

All’ex presidente del Consiglio va sicuramente riconosciuta l’incredibile – e insperata per molti – crescita che gli ha consentito di prendere ben più voti del previsto alle ultime elezioni politiche. Segno evidentemente che sul fronte nazionale l’ex premier è convincente. Nella dialettica e soprattutto nei temi. Esattamente ciò che a quanto pare manca a livello locale.

Ed è un bel cruccio se si pensa che agli albori il Movimento andava molto forte a livello locale e – forse pochi lo ricorderanno – c’era addirittura l’indecisione da parte del “guru” Casaleggio se portare i Cinque stelle alla ribalta nazionale. Per lui era meglio se ci si fosse fermati solo a livello locale. E questo perché la comunità, i meetup, la raccolta firme, la soluzione ai problemi concreti dela cittadinanza: erano questi i punti davvero di forza del Movimento delle origini. Tutti aspetti che a quanto pare sono andati perduti forse – chissà – proprio per quel salto che Casaleggio non avrebbe voluto fare.

E così oggi ci ritroviamo davanti all’ennesimo mea culpa di Conte che prova a sparigliare le carte dinanzi alla debacle. Ieri, infatti, il leader pentastellato ha annunciato la nascita dei primi 84 Gruppi territoriali del Movimento 5 Stelle. Una mossa che in realtà non è nuova. Già in passato proprio all’indomani di un’altra batosta aveva fatto un annuncio simile.

“Dobbiamo essere in ogni città, in ogni quartiere. Occorre un dialogo costante per comprendere i bisogni delle comunità locali e favorire nuove forme di partecipazione. Dobbiamo raccogliere questa sfida e dare impulso alla speranza di un profondo rinnovamento”, ha scritto Conte su Facebook mentre sul sito del Movimento spiega come si stia così intraprendendo un percorso per rafforzare la presenza sui territori “e impostare un’azione politica che muova dal costante ascolto dei bisogni delle comunità locali al fine di promuovere iniziative dal basso per migliorare, concretamente, le condizioni di vita delle persone”.

Su pace e Green il Movimento ha costruito la sua credibilità. E non vuole cedere il campo al Nazareno

Un processo, continua Conte, “complesso” e che oggi segna una prima tappa importante: “all’incirca 80 Gruppi territoriali (i primi ad essere stati approvati e altri seguiranno nelle prossime settimane), sono autorizzati a riunirsi per elaborare proposte e sollecitare soluzioni riguardanti la vita delle comunità di riferimento. Questo progetto ha già coinvolto oltre 20mila persone, che – giorno dopo giorno – cercheranno di affinare pratiche di ‘civismo attivo’, vincendo la disaffezione che tanti cittadini dimostrano verso la politica, vista ormai come incapace di farsi carico del destino di una comunità o anche solo di trovare soluzioni per il benessere di tutti e non a vantaggio di pochi”.

Questo processo, sottolinea il leader del M5S, “segnerà un cambiamento radicale nella nostra storia”. Dinanzi a queste parole, tuttavia, non si può non sottolineare un curioso paradosso. Al di là del fatto che siamo dinanzi all’ennesimo annuncio, come detto, di presenza sul territorio da parte di Conte, il problema è che se alle parole – come accaduto finora – non seguitono i fatti, c’è poco da parlare di renovatio e di cambiamento radicale nella storia. Anche perché, in realtà, bisognerebbe tornare alle origini piuttosto che parlare di un futuro chissà come rivoluzionario. Specie se poi non ci sono azioni concrete a seguire.

Quel che pare, dunque, è che l’annuncio serve soprattutto a coprire responsabilità interne del Movimento cinque stelle e della stessa gestione “contiana”. Nel suo lungo post, infatti, Conte ha ringraziato Paola Taverna, vicepresidente vicaria con delega ai territori, e tutti i componenti del Comitato per i Rapporti Territoriali “per il grande lavoro istruttorio svolto per dare vita a questi primi Gruppi territoriali. Il loro lavoro continuerà perché decine di altri Gruppi territoriali partiranno nelle prossime settimane, rendendo capillare questa nuova iniziativa”.

Annunciati per l’ennesima volta i gruppi locali. Finora però alle parole non sono seguiti i fatti

C’è però un dato: se per dare concretezza alle parole ci sono voluti anni da quando Conte, appena eletto presidente, aveva parlato della necessità di riorganizzazione territoriale, c’è qualcosa che non va. Vedremo se questa volta andrà diversamente. Ma i malumori, specie ovviamente a livello locale, serpeggiano. E la pazienza – lo dimostrano i risultati elettorali – comincia pian piano a scarseggiare.

Cosa diversa, invece, è sul piano nazionale. È questo al momento il vero collante che tiene ancora in piedi il Movimento: la capacità di attrarre elettori delusi puntando su tematiche importanti (dal pacifismo all’ecologismo), lasciati completamente sguarniti dalle altre forze politiche. E non è un caso che adesso Conte giocherà al rialzo anche con la stessa Elly Schelin: ora che Guido Crosetto ha annunciato l’ennesimo pacchetto di armi da inviare all’Ucraina i Cinque stelle aspetteranno i democratici al varco, in attesa di sfilare loro altri potenziali elettori nel momento in cui – ed è certo andrà così – il Pd voterà all’invio di armi, peraltro con una lista al dettaglio non si sa perché secretata. Al di là dei casi specifici, sono proprio queste continue schermaglie che non consentono a un’ipotetica coalizione di decollare.

E ovviamente questa situazione di stallo fa gioco a chi vorrebbe che il Pd guardasse più al centro e non a sinistra. Non a caso Carlo Calenda ha provato a rilanciare il nodo delle alleanze: “Il tema è che il M5s è incompatibile, e piano piano lo stanno anche vedendo nel Pd mentre io lo dico da un po’ di anni, con qualsiasi forma di proposta di governo”, ha detto il leader di Azione a Radio anch’io su Radio Rai 1, commentando l’esito del secondo turno delle elezioni comunali.

“Senza M5s non si può vincere? I voti si spostano”. Quasi a invitare, dunque, il Pd a guardare altrove. Non è un caso che lo stesso Conte ha già ieri chiuso a qualsiasi idea di campo largo, che parta dai pentastellati e arrivi fino a Calenda e Renzi. Il vero punto però, vedendo questi risultati, è chiedersi quanto senso abbia andare insieme al Pd se su determinate tematiche si resta distanti. O si raggiunge una quadra altrimenti il percorso intrapreso, così etero e ondivago, si sta dimostrando controproducente.