Bambino “porta cocummella”, che per chi non lo sapesse sarebbero i cocomeri. Necessari se “piace molto (incomprensibile) in Uruguay fare bercue, con i miei amici! Con mia famiglia. Stare insieme.” Gira tutto così l’esame di italiano di Luis Suarez (nella foto), il campione che la Juventus voleva far naturalizzare nel Belpaese, col risultato di aggiungere a Calciopoli la nuova serie di Esamopoli. Impietose le intercettazioni, che dimostrano l’assoluta incapacità del calciatore di spiccicare due parole nella nostra lingua, in questo perfettamente in sintonia con molti altri giovani della sua età, che seppure nati all’interno dei sacri confini italici devono aver perso prematuramente gli insegnanti.
Ogni lingua si sa che muta col tempo, e magari la pandemia è più veloce se ci si infetta con tanta tv spazzatura, ma il livello dell’orale – e stendiamo un velo pietoso sullo scritto – dei giovanissimi è generalmente imbarazzante. Forse è per questo che i commissari hanno mostrato tanta benevolenza con il fuoriclasse (nel senso che in classe s’è visto poco) sudamericano. E poi si può rifiutare una fetta di “cocummella”? Venute fuori le intercettazioni che proverebbero la conoscenza delle domande – e quindi pure delle risposte – dell’esame da sostenere all’Università per stranieri di Perugia, la storia fa diventare una comica non solo la prova dell’asso uruguaiano, ma pure un pezzo del sistema universitario.
Come interpretare del resto le grasse risate dei commissari durante lo svolgimento dell’esame di Suarez? Ulteriore conferma che la prova è stata superata solo grazie a un “calcio”, non al pallone, ma in un altro posto. Proprio non ce l’hanno fatta, i prof, a trattenersi quando l’aspirante attaccante della Juventus, è inciampato rovinosamente di fronte alle immagini che gli avevano chiesto di descrivere. Compreso il bambino con “cocummella”. La risata di risposta dell’esaminatore Danilo Rini, del resto, descrive alla perfezione il clima che si era creato. Ma in nome del tifo per l’amata e gloriosa Signora un occhio – e nel caso di Suarez pure l’altro e persino le orecchie – si può pur sempre chiudere. Anche di fronte ad orrori ortografici da far rabbrividire.
Per non parlare dei verbi coniugati solo e soltanto all’infinito, e dei costanti e continui suggerimenti da parte degli stessi esaminatori per cercare di terminare le frasi con un senso compiuto. Ma per prendere a calci un pallone a che serve conoscere l’italiano? potrebbe obiettare qualcuno. Se per giocare in Italia occorre la cittadinanza italiana, serve eccome. Così, ascoltato dai magistrati come testimone, in videoconferenza nell’ambito di una rogatoria internazionale avviata dalla procura guidata da Raffaele Cantone, l’interrogazione si è trasformata in un interrogatorio. E Suarez avrebbe ammesso di aver saputo in anticipo le domande dell’esame. L’uruguaiano, che non è indagato ed è stato sentito come persona informata dei fatti, è stato assistito per tutto il tempo da un interprete e ha deposto parlando in spagnolo. Ad ulteriore conferma che l’italiano non è decisamente il suo forte.
Nell’inchiesta risultano invece indagati – al momento – i vertici dell’ateneo, il dirigente della Juventus, Fabio Paratici, e due avvocati del club bianconero. La vicenda che risale a fine estate, quando la Juventus aveva puntato gli occhi sull’ex giocatore del Barcellona, nasce da un intoppo burocratico per l’ingaggio: Suarez non è un cittadino europeo e la Juve ha già occupato i due slot per extracomunitari consentiti in Serie A. Dal momento che la moglie del fuoriclasse Sofia Balbi e i suoi tre figli hanno la cittadinanza italiana per discendenza diretta, pure il calciatore può chiederla previo esame di italiano. Alla fine la trattativa per l’attaccante è saltata, ma Suarez ha sostenuto comunque l’esame il 17 settembre e, incredibilmente, lo ha superato. Poi ha festeggiato con una “cocummella”.