Il caso Sabbah porta la Rai in tribunale. La giornalista israeliana ha fatto carriera senza essere iscritta all’Albo dei professionisti

Iman Sabbah è stata assunto nel 2003 a RaiMed

Il caso “Iman Sabbah” ora finisce in tribunale. Come molti ricorderanno l’attuale corrispondente Rai da Parigi ha ancora una nomina in sospeso per la vicedirezione di Rai Parlamento. Secondo quanto anticipato ieri da loSpecialista.tv, venerdì 5 aprile il Comitato idonei del concorso 2015 ha notificato un ricorso al Tar alla Rai, all’Odg del Lazio e ai giornalisti interessati.

In particolare l’avvocato Enzo Iacovino, che assiste il Comitato idonei, ha notificato un ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio affinché venga annullato il diniego di accesso agli atti inoltrato dal ricorrente il 7 febbraio scorso. Richiesta alla quale l’Ordine dei giornalisti non avrebbe proprio risposto, mentre la Rai l’avrebbe respinta perché “l’istanza risulta inammissibile”.

Nonostante la nomina pare essere stata congelata, la vicenda resta costellata da una serie di quesiti ad oggi ancora senza risposta. Poteva la Rai assumere nel 2003 a RaiMed una giornalista, Iman Sabbah (di nazionalità israeliana, e dal 2013 anche italiana), senza che fosse iscritta all’Albo dei giornalisti professionisti e solo a quello “speciale” riservato agli stranieri? Poteva la Rai promuoverla prima a caposervizio, poi a caporedattore, e ora (forse) vicedirettore? Come ha vigilato l’allora dg, Mario Orfeo? E come i direttori di testata che si sono succeduti (da Corradino Mineo a Monica Maggioni)?