Incontrare in un autogrill un dirigente dei servizi segreti è talmente insolito e imbarazzante per un ex premier e leader politico che lo stesso Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha approfondito la vicenda. Tanto da dedicargli un capitolo della relazione sull’attività svolta nell’ultimo anno (qui il documento), appena approvata dall’organismo presieduto da Adolfo Urso. Ma c’è di più. A sollevare il caso dell’incontro tra Marco Mancini e Matteo Renzi è stata la trasmissione Report (leggi l’articolo) e per l’ennesima volta a far sì che si arrivasse addirittura a nuove regole su rapporti così delicati come quelli tra politica e intelligence e a far muovere il Copasir è dovuta intervenire una trasmissione di giornalismo investigativo. Senza quel faro acceso da Sigfrido Ranucci (leggi l’intervista), non a caso spesso bersaglio della politica, tutto sarebbe andato avanti come prima, zone d’ombra comprese.
Report svelò il caso dell’incontro tra lo 007 Marco Mancini e Matteo Renzi
IL DOSSIER. Il Copasir specifica che sulla vicenda del faccia a faccia tra l’ex rottamatore e il capo reparto del Dis, “oggetto di un servizio da parte della trasmissione d’inchiesta del servizio pubblico Report”, è stato ritenuto utile effettuare un approfondimento con i direttori del Dis che si sono succeduti, il prefetto Gennaro Vecchione e l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, arrivando a non escludere “la possibilità di obbligare il personale degli apparati di intelligence a rivelare il contenuto di un colloquio con un parlamentare, sebbene l’introduzione dell’autorizzazione pone su questo fronte delle questioni indubbiamente da definire, restando fermo il ruolo del Copasir quale unico interlocutore istituzionale parlamentare dei Servizi”.
Audito pure Mancini e discussi i contenuti e gli effetti della direttiva inviata il 6 maggio 2021 dall’Autorità delegata ai direttori dei tre organismi dei Servizi (leggi l’articolo) che, “stigmatizzando i rischi per l’immagine dell’intelligence, prescrive che gli incontri del personale del Comparto con esponenti del “mondo politico, giudiziario e, più in generale, suscettibili di esporre il Comparto alle citate criticità” debbano essere preventivamente autorizzati”, chiedendo “che vengano impartite precise e stringenti disposizioni dall’immediata vigenza”.
Direttiva arrivata sempre dopo e grazie a Report e dunque al giornalismo d’inchiesta come specifica lo stesso Copasir: “La direttiva, emanata a seguito del clamore mediatico innescato dall’incontro tra un ex presidente del consiglio e un agente in servizio, è stata oggetto di vari approfondimenti con i vertici della stessa intelligence e con la stessa Autorità delegata”, ricordando che le norme da tempo in vigore prevedono che “in nessun caso il Dis e i servizi di informazione per la sicurezza possono, nemmeno saltuariamente, avere alle loro dipendenze o impiegare in qualità di collaboratori o di consulenti membri del Parlamento europeo, del Parlamento o del Governo nazionali, consiglieri regionali, provinciali, comunali o membri delle rispettive giunte, dipendenti degli organi costituzionali, magistrati, ministri di confessioni religiose e giornalisti professionisti o pubblicisti” e che “tutto il personale che presta comunque la propria opera alle dipendenze o a favore del Dis o dei servizi di informazione per la sicurezza è tenuto, anche dopo la cessazione di tale attività, al rispetto del segreto su tutto ciò di cui sia venuto a conoscenza nell’esercizio o a causa delle proprie funzioni”.
GLI ALTRI FRONTI. Non è stato solo il caso Mancini-Renzi ad essere stato sollevato dal giornalismo d’inchiesta. A quanto pare l’attività giornalistica è stata determinante anche su altre vicende spinose, affrontate dal Copasir solo dopo averle scoperte leggendo un giornale o guardando la tv. Il Comitato ha infatti analizzato anche la vicenda della società di diritto privato Marco Polo Council, finanziata e sostenuta da un Paese straniero (leggi l’articolo), presso la quale è stato svolto un incarico di consulenza da parte di un direttore dell’Aise cessato dal servizio, Alberto Manenti, finito anche negli atti dell’inchiesta sulla Fondazione Open. E dopo un altro servizio di Report e un esposto di Cecilia Marogna, ha scandagliato i comportamenti di alcuni dipendenti dell’intelligence.