Il poltronificio di Renzi è un valzer delle feluche: Massolo spicca il volo verso Bruxelles

Il ritorno di Calenda in Italia, al ministero dello Sviluppo, libera il posto a di rappresentante italiane all'Unione europea per Giampiero Massolo.

Rimettere un diplomatico di carriera a Bruxelles, dove non si fanno affari ma si conducono battaglie su conti pubblici e direttive comunitarie. Dopo lo spostamento di Carlo Calenda al ministero dello Sviluppo economico, Matteo Renzi sta pensando di affidare il posto di rappresentante italiano  presso l’Unione europea a Giampiero Massolo, direttore in uscita del Dipartimento informazioni e sicurezza  e ambasciatore di lungo corso. La decisione non è definitiva e neppure è prevista in tempi brevissimi, ma a Palazzo Chigi se ne ragiona seriamente. E il nome di Massolo è nettamente il preferito.

Massolo è nato a Varsavia nel 1954 ed è entrato in diplomazia nel 1978. Tra le sedi dove ha prestato servizio c’è proprio quella di Bruxelles, tra il 1985 e il 1988, ma ha lavorato anche a stretto contatto con la politica, come nel 1994, quando è stato capo della segreteria particolare dell’allora premier Silvio Berlusconi. Alla Farnesina ha scalato tutti i gradini, arrivando nel 2007 alla poltrona di segretario generale, che è quella da cui si comanda tutta la struttura. Poi, nel 2012, per scelta di Mario Monti e  volere di Giorgio Napolitano, la nomina al vertice dell’intelligence italiana, che ha guidato senza scossoni e senza incidenti, cercando di costruire sempre il massimo consenso.

Ricucitura
Con la nomina di Massolo, che in alternativa resta dato in pole position per la presidenza di Fincantieri, il presidente del Consiglio riuscirebbe  a centrare un triplo risultato. Il primo è che troverebbe un posto adeguato all’ex capo del Dis, che alla fine   non è stato rinnovato nel suo incarico più che altro a seguito di una carambola, visto che Renzi voleva piazzare a tutti i costi Franco Gabrielli a capo della Polizia e Alessandro Pansa  è stato così spostato al Dis. Il secondo obiettivo che verrebbe centrato è  quello di non smentire se stesso, ovvero di confermare a tutto il corpo diplomatico che tre mesi fa non c’era nessun ambasciatore in grado di sostituire Stefano Sannino. Il terzo risultato sarebbe quello di mandare in una casella tanto strategica come quella delle relazioni con la Commissione di  Jean-Claude Juncker un uomo che è ormai di assoluta fiducia di Palazzo Chigi, anche se viene da una “tecnostruttura”  come la Farnesina.

Rivoluzione
I rapporti con gli ambasciatori, però, sono destinati a rimanere tesi. La diplomazia italiana non ha assorbito il colpo, tre mesi fa,  della nomina di un esterno come il manager montezemoliano Calenda. E il segretario generale Elisabetta Belloni, sorta di ministro ombra con un rapporto diretto con il premier, ha faticato a tenere a freno il malcontento delle feluche contro Renzi. E se anche Massolo finisse a Bruxelles, la ferita non sarebbe sanata. Secondo le voci che girano al ministero degli Esteri, i prossimi ambasciatori italiani a Tripoli, Buenos Aires e Tel Aviv potrebbero essere tre manager di stretta fiducia renziana.