Il racconto di don Igino, il parroco di Codogno: “Sembra di stare in una zona di guerra. Non bisogna mai abbandonarsi ad una sterile disperazione”

“Oggi compio 72 anni ma c’è poco da festeggiare, sembra di stare in una zona di guerra, con strade deserte e il coprifuoco appena tramonta il sole”. A dirlo su Interris.it don Igino Passerini, parroco a Codogno, il comune del lodigiano epicentro dell’epidemia di Coronavirus, che spiega come si vive nella “zona rossa” fra speranza, solidarietà e preghiera. “Io non ho sintomi – aggiunge il sacerdone -, non ho dovuto fare il tampone e potrei anche uscire da casa. Sono nella zona rossa, ma personalmente non ho bisogno di restare in quarantena. Certo, però che è triste non poter andare nelle case dei miei parrocchiani, soprattutto in quelle degli anziani, per portare una parola di vicinanza e di supporto”.

A Codogno, “dopo un’iniziale fase di smarrimento, adesso la macchina dei soccorsi sta funzionando bene grazie al maggior coordinamento istituzionale tra le forze in campo: comune, esercito, protezione civile. Ed è sempre più fondamentale l’apporto del volontariato”. “Nel nostro territorio – sottolinea don Igino – c’è una notevole incidenza di anziani. Abbiamo tre case di riposo e l’età media qui è molto elevata. Siamo dentro il cordone sanitario, nella zona rossa e l’allarme crea insicurezza e preoccupazioni collettive. Sono sereno, non ho eccessive preoccupazioni. Dalla rianimazione si esce quasi sempre guariti. Non bisogna mai abbandonarsi ad una sterile disperazione”.