Le Lettere

Il santo xenofobo

È strano: alla morte di Navalny tutti i giornali si sono scatenati tranne La Verità e Libero, che neppure riportavano la notizia in prima pagina, come nulla fosse.
Achille Santini
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Gentile lettore, non è strano, è solo un po’ ridicolo. I due giornali leghisti temevano forse che le accuse al Cremlino lambissero la reputazione di Salvini, l’uomo che non ha reputazione ma ha le T-shirt putiniane. Quell’assenza in prima pagina parla più di cento titoli: è una “excusatio non petita, accusatio manifesta”. Quanto alle altre prime pagine di sabato scorso, la linea è univoca: “ha stato Putin”. Tutti schierati, con vario grado di spudoratezza. Tra le testate più spudorate, Il Giornale con un titolo da romanzo popolare: “Il killer Putin colpisce ancora”, e Repubblica con un assertivo “Omicidio di Stato”, punto e basta. Il quotidiano romano si copriva poi di ridicolo intervistando Bill Browder, un finanziere americano che anni fa investiva in Russia, il quale afferma che “Navalny è come Martin Luther King”. La cosa fa molto ridere perché King fu l’ideologo del pacifismo, una sorta di Ghandi americano, mentre Navalny prima della beatificazione era uno xenofobo che nei suoi discorsi sputava odio sui musulmani del Caucaso (“da schiacciare come mosche”) e le altre etnie “impure” dell’area ex sovietica. Insomma, si ripete quanto avvenne col battaglione Azov in Ucraina: fino al 23 febbraio 2022 era una efferata milizia modellata sulle SS tedesche che torturava e ammazzava, e poi dal 24 febbraio 2022 (inizio della guerra) è divenuto un manipolo di santi ed eroi. Ma è tutto molto chiaro: è la propaganda, bellezza.

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