Il senso profondo del 25 Aprile. Una festa che nasce dal sangue degli italiani. La storia del brigadiere Lungaro ucciso alle Fosse Ardeatine. Ecco cosa c’è alla radice della ricorrenza di oggi

Alimentare ogni anno il 25 aprile, la memoria di quanti hanno partecipato alla lotta di liberazione del Paese, non deve rappresentare un momento liturgico, ma piuttosto il frutto di una scelta consapevole attraverso la quale intendiamo onorare la dignità di quanti si sono resi interpreti esemplari di valori di patria e della libertà fino al sacrificio estremo. Questo patrimonio umano di testimonianza dei nostri martiri non può essere affidato all’oblio del passato ma deve essere alimentato in un processo virtuoso che ne consenta di trasmettere il nobile bagaglio valoriale a chi oggi è chiamato a raccogliere la loro eredità: mi riferisco a nostri giovani e non solo.

TRAGEDIA IMMANE. Per non parlare di parole, vuote come spesso capita in queste commemorazioni, ritengo importante per consentire ai nostri di giovani di misurarsi con una storia “vera”, di raccontare la storia di Pietro Ermelindo Lungaro, uomo della polizia di Stato, che ha fatto la resistenza a Roma durante l’occupazione nazista e che ha pagato con la vita alle Fosse Ardeatine. Per molti come Pietro, si è trattato semplicemente di decidere da che parte mettersi per continuare ad essere fedeli prima ancora che al Re o all’Arma, a se stessi. Entrare in un gruppo della resistenza anziché in un’altro non era sempre una scelta ideologica ma dipendeva dai contatti che si avevano da quello che era disponibile e possibile.
Pietro Lungaro rimane forse monarchico fino alla fine ma collabora con un gruppo libertario e repubblicano come “Giustizia e Libertà”. Ci sono infatti cose più urgenti, scelte effettuate senza ideologie, momenti della vita che si devono affrontare con coerenza, dignità e l’amore per la liberta e per il proprio Paese, senza grandi discorsi. Questi patrioti hanno fatto la cosa giusta!

PREZIOSO ANTIDOTO Perché allora questa storia? Per dirla come scrive il prof. Alessandro Portelli, storico della Resistenza romana, “perchè è un salutare antidoto contro tutte le retoriche”. Pietro Ermelindo Lungaro era una persona normale, faceva il suo lavoro tirava su una bella famiglia e dato che era una persona normale, preferiva essere libero e faceva qualsiasi cosa per diventarlo. Quello che non era normale erano i tempi: il fascismo, l’occupazione nazista, la guerra. Tempi che trasformano le persone normali se non in eroi o martiri, certamente in uomini che sono di esempio per tutti. Basta veramente poco, spesso è sufficiente essere solo se stessi, per mettere paura agli oppressori. Il 24 Marzo è trascorso nel silenzio assordante, il Paese politico era impegnato nella lotta per la spartizione del potere, solo il Presidente Mattarella non ha mancato al suo annuale appuntamento visitando le Fosse Ardeatine, ricordando a tutti che essere liberi oggi è un diritto ed un merito che noi tutti dobbiamo a questi eroi. Altra data importante è il 25 Aprile Festa della Liberazione. Riteniamo doveroso un ricordo alla memoria di una figura esemplare: il Vice Brigadiere della P.S. Pietro Ermelindo Lungaro, trucidato dai tedeschi il 24 marzo 1944.

Riteniamo utile affermare il valore e l’attualità del sacrificio dei Caduti delle Fosse Ardeatine e, in particolare di Lungaro perchè è emblematica di una generazione che ha saputo battersi per la libertà e la democrazia, e per tanto resta un perenne monito per le generazioni future. Perciò la storia di Pietro Ermelindo Lungaro, di cui scriviamo qui di seguito, non è solo un doveroso ricordo alla memoria, ma anche una lezione, soprattutto per chi ha poca conoscenza di cos’è stata anche in Italia la stagione del nazifascismo.

UNA VITA SPEZZATA. Nato a Erice in provincia di Trapani il 1 giugno del 1910, durante l’occupazione nazista di Roma, il Vice Brigadiere Pietro Ermelindo Lungaro seppe avvantaggiarsi della posizione di poliziotto per muoversi agevolmente nella Capitale e intrecciare i contatti con le nascenti formazioni antifasciste, guadagnandosene ben presto la fiducia. Nella sua attività di partigiano aderì al Partito d’Azione (repubblicano) capeggiato dal Maggiore dell’Aeronautica Umberto Grani, che sarà uno dei martiri delle Fosse Ardeatine. L’arresto del Maggiore Grani con cui il Vice Brigadiere Lungaro era in stretto contatto, fu eseguito dalla Gestapo a seguito della delazione di un infiltrato, tale Tino Tini (alias Mario Albertini).

SERVITORE DELLO STATO. Il 12 febbraio 1944 le SS tedesche, non avendo trovato il Lungaro nella sua abitazione, lo arrestarono all’interno della Caserma “Sant’Eusebio”, per poi condurlo nella prigione di Via Tasso. Si accomiatò dai colleghi dicendo: “Compagni, non vi preoccupate, vi raccomando mia moglie e i miei figli”, quasi a presagio della sorte che lo attendeva, poco tempo prima della cattura, soleva ripetere alla moglie, che lo invitava ad essere prudente: “i nostri figli sapranno educarsi da soli” per poi aggiungere: “… Voi non potete capire cosa significa la parola libertà”. Fu segregato e torturato lungamente dai carnefici spietati, ma seppe mantenere stoicamente il segreto sui nomi e sui nascondigli dei patrioti con cui era in contatto. Il suo nome figurò quasi subito tra i 154 detenuti a disposizione del Comando Tedesco, cui Kappler aggiunse poi altre 81 persone da fucilare alla Fosse Ardeatine, come rappresaglia all’azione gappista di via Rasella del 23 marzo 1944.

Al Vice Brigadiere Pietro Ermelindo Lungaro sono state intitolate una Caserma di Polizia a Palermo, un’aula della Scuola di Polizia di Nettuno, una strada a Trapani e una a Erice, gli è stata conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare, alla memoria. “Arrestato per aver svolto attività patriottica, sopportava impavido i rigori di dura prigionia e stoicamente subiva torture. Barbaramente trucidato, immolava la sua giovinezza per le maggiori glorie della Patria e della Libertà. Fulgido esempio di cosciente ardimento, di fede assoluta nei destini della Patria, di piena dedizione alla causa.