Il terrorista nero Paolo Bellini è indagato anche per la strage di Capaci

L'estremista di destra, Paolo Bellini, oltre a essere stato condannato per la strage di Bologna, è indagato anche per quella di Capaci.

Il terrorista nero Paolo Bellini è indagato anche per la strage di Capaci

L’ex militante di Avanguardia nazionale, Paolo Bellini, arrestato ieri e condannato in primo grado per la strage di Bologna, è indagato dalla Procura di Caltanissetta per la strage di Capaci del 23 maggio 1992 in cui furono uccisi il giudice Giovanni Falcone, insieme alla moglie e ai suoi agenti di scorta.

L’estremista di destra, secondo quanto riferiscono le agenzie, è stato interrogato lunedì scorso a Roma dai magistrati delle Dda nissena e anche di Firenze per le stragi del 1993. Bellini avrebbe negato qualsiasi coinvolgimento. La procuratrice reggente di Bologna, Lucia Musti, nel corso della conferenza stampa ha detto di avere acquisito agli atti anche intercettazioni “messe a disposizione dalla Dda di Caltanissetta con la Dia e dalla Dda di Firenze con il Ros, con il coordinamento del Procura nazionale antimafia”.

L’inchiesta della procura di Caltanissetta su Bellini

L’inchiesta della Procura di Caltanissetta punta a chiarire il motivo delle presenze di Bellini in Sicilia in periodi antecedenti la strage di Capaci. L’ex di Avanguardia nazionale aveva conosciuto in carcere, nel 1988, il boss di Altofonte Nino Gioè, coinvolto nella strage di Capaci e ufficialmente morto suicida nella notte fra il 28 e il 29 luglio del 1993, l’anno degli attentati a Roma e Milano.

Di Bellini parlò anche il pentito Santino Di Matteo, padre del piccolo Giuseppe assassinato dalla mafia, ricostruendo una presunta trattativa per il recupero delle opere artistiche rubate tramite lo stesso estremista di Avanguardia nazionale.

“Mi ricordo che un giorno Antonino Gioè venne a casa mia con questo Paolo Bellini, che a quanto avevo capito era uno dei servizi – disse Di Matteo deponendo il 12 giugno del 2014 al processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia – Io gli offri un caffè, poi andarono a casa di Gioè. Seppi poi che Bellini e Gioè parlarono di un accordo per il recupero di un quadro in cambio dell’interessamento di Bellini per l’ammorbidimento del carcere duro e su alcuni processi”.

L’accusa della procura di Bologna sugli intenti omicidiari

La procura di Bologna ha utilizzato delle intercettazioni per ordinare l’arresto di Bellini con l’accusa di aver pianificato omicidi. Nelle intercettazioni emergono le minacce di Bellini nei confronti dell’ex moglie, ma anche una “maggiore concretezza operativa”, come spiega Musti. E per questa ragione si può parlare di “un intento omicidiario, sicuramente non benevolo, una presa di coscienza della propria abilità e degli strumenti che può avere a disposizione”.

Si fa riferimento anche alla disponibilità economica, in particolare di una “somma che potrebbe essere utile a realizzare l’intento omicidiario”. Inoltre emerge che Bellini “manifesta l’insofferenza per l’attesa delle motivazioni della sentenza” e fa riferimento all’idea di “fare del male al presidente della Corte d’Assise che lo ha giudicato, colpendo una persona a lui molto cara, una cosa tipica delle associazioni criminali”.