La benzina aumentata per le ricostruzioni post terremoto. E nemmeno un euro speso in prevenzione

Nessuna iniziativa per vincolare i fondi ottenuti dai rincari delle accise sulla benzina all’effettiva ricostruzione post terremoto.

Nessuna iniziativa per vincolare i fondi ottenuti dai rincari delle accise sulla benzina all’effettiva ricostruzione post terremoto. Né tantomeno un progetto per indirizzare quelle risorse alla prevenzione delle zone ad alto rischio sismico. A nulla è valso lo studio della Cgia di Mestre che ha denunciato il problema: dei 145 miliardi di euro ricavati dall’aumento delle accise dei carburanti solo 70 miliardi e mezzo di euro sono stati spesi per ricostruire le zone colpite. Il Governo Renzi, infatti, non ha annunciato interventi per porre rimedio a questa situazione, anche per il futuro, facendo tuttora cassa con balzelli sul costo della benzina.

AMATRICE IMMUNE
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), sollecitato da La Notizia, ha spiegato: “Negli anni passati l’aumento delle accise sui carburanti è stato utilizzato come una delle diverse modalità di copertura  finanziaria degli oneri legati ad eventi calamitosi”. Il Mef ha poi aggiunto: “Per il recente sisma di agosto 2016, il Governo ha stanziato fondi senza ricorrere ad aumenti di accise o ad altre misure fiscali di incremento delle entrate tributarie”. La ricostruzione di Amatrice è quindi immune, ma per gli altri casi il rischio è che ogni volta che un automobilista si reca alla pompa di benzina continua a versare una somma per qualche presunta ricostruzione. Ma la cifra in realtà viene destinata per altri capitoli di spesa. Il M5S ha portato la questione all’attenzione del Parlamento con il deputato Gianluca Rizzo, che ha depositato un’interrogazione alla Camera. La richiesta indirizzata al ministro Pier Carlo Padoan vuole sapere “come sono state utilizzate le somme eccedenti le spese sostenute per la ricostruzione di zone terremotate”. Ma “da questo Governo non mi aspetto la dovuta trasparenza, così com’è avvenuto con i Governi precedenti”, incalza Rizzo.

CASA ITALIA
A due mesi dal sisma di Amatrice, quindi, torna alla ribalta la questione-sprechi per le ricostruzioni post terremoto. Il punto di partenza resta lo studio della Cgia: “Se teniamo conto che il Consiglio Nazionale degli Ingegneri stima in 70,4 miliardi di euro nominali (121,6 miliardi se attualizzati) il costo complessivo resosi necessario per ricostruire tutte e 7 le aree fortemente danneggiate dal terremoto (Valle del Belice, Friuli, Irpinia, Marche/Umbria, Molise/Puglia, Abruzzo ed Emilia Romagna), possiamo dire che in quasi 50 anni in entrambi i casi abbiamo versato più del doppio rispetto alle spese sostenute”. Per questo Rizzo ha chiesto al Mef di attuare “iniziative affinché le somme non più necessarie alla ricostruzione, provenienti dagli aumenti delle accise introdotte a seguito di sisma, possano essere vincolate ed utilizzate in maniera esclusiva per interventi di prevenzione nelle zone a più alto rischio sismico”. Così il progetto Casa Italia avrebbe anche un bel bacino da cui attingere.