La Bignardi diventa un bignè per Barbara D’Urso

di Monica Setta

Ci potevano togliere tutto, la vecchia falce e martello, l’eskimo in naftalina o perfino i libri di Valerie Solanas, l’ultrà femminista che nel piombo dei grigi anni ‘70 pubblicava il mitico Manifesto per l’eliminazione del maschio, carta ecologica rosa e un antagonismo di genere dal sapore esplicitamente “bombarolo “. Tutto, ribadisco, tranne la granitica certezza che la profetessa dell’ infotainment televisivo di sinistra fosse la solida e tetra Daria Bignardi. Ebbene, da mercoledì sera, dopo il gelatinoso faccia a faccia fra la giornalista delle Invasioni barbariche e la prorompente Barbara D’Urso, cari miei compagni marxisti immaginari, anche la Bignardi non appartiene più, a pieno titolo, alla mitologia dei post comunisti da piccolo schermo. Che la moglie dell’ottimo Luca Sofri soffrisse – scusate la cacofonia – di una fisiologica crisi femminile di mezza età era già chiaro a molti.

La suddetta, infatti, nota in passato per essere stata celebrata dai severissimi critici del Corriere della sera dell’amico Paolo Mieli a causa del suo esemplare rigore, era tristemente scivolata nelle puntate precedenti sul cagnolino regalato a Mario Monti, sul ballo con Luciana Littizzetto e la confessione hard chic alla trans Lea T figlia di Toninho Cerezo.
La ruvida conduttrice che aveva duellato con l’ex ministro Renato Brunetta senza lasciarsi intimidire dalla sua argomentata alterigia intellettuale, pronta a difendere (e a difendersi) dalle sirene dell’eterno, irriducibile trash tv, è crollata definitivamente l’altra sera davanti all’imponente décolleté della D’Urso che l’ha schiacciata, parola dopo parola, con l’impeto della sua sontuosa bellezza “ tardiva”, i tacchi Swarovski, i capelli ondeggianti, le unghie fresche di una laccatissima ‘manicure’. Così, la guerriera Daria a cui tutte noi donne comuni e pensanti avevamo guardato come a colei che potesse sdoganare la normalità femminile in una televisione di tette, cosce e visi scolpiti, ha ceduto miseramente alla protervia dell’ideologia berlusconiana fatta femmina e dunque ai bibitoni salutisti, al risveglio muscolare con personal trainer incorporato, alle centrifughe che levigano la pelle.Tutta roba condensata nel libro di Barbarella Ecco come faccio, ovvero la Bibbia per resistere all’inesorabile avanzata dei magnifici 60 senza perdere il sonno, la ragione e soprattutto la speranza di trovare comunque un uomo (qualunque esso sia). Dinanzi alle forme della conduttrice di Canale 5 esibite con disinvolta indifferenza in netto contrasto con il suo abitino striminzito, Bignardi ha smarrito ogni autorità lasciandosi travolgere da dialoghi degni della tv di Rosanna Lambertucci, indiscussa regina del benessere nonché dispensatrice di consigli per arrivare, imbalsamati e contenti, all’infame traguardo della cosiddetta “terza età”.  Probabilmente Daria non se ne è accorta, ma l’intervista alla D’Urso è stato il più clamoroso spot al Cavaliere. Nel metafisico rovesciamento dei ruoli la Bignardi è diventata un Bignè mentre la D’Urso, nata all’anagrafe banalmente Maria Carmela, ha trovato dopo tanto penare la sua sintesi “Barbarica”.

Su ogni possibile tema impegnato, concreto, politico ha prevalso alla fine la piccineria della pubblicistica da istruzioni per l’uso: per le smagliature meglio il sedano tenuto una notte in freezer o la carota mescolata allo yogurt di limone?
Donne, aspettando che arrivi l’arrotino, mantenetevi in forma, altro che libri e giornali. Povere femministe e povera Solanas, se le capitasse di rivedere uno spezzone di conversazione fra Bignè Bignardi e la Barbarica D’Urso, si rivolterebbe nella tomba. Se queste sono le donne, ridateci i maschi, grazie.