La Calabria come Fort Apache, 44mila cause contro la Regione

di Fabrizio Di Ernesto

L’Italia sta diventando sempre più un paese di avvocati, basti pensare che ci sono più legali a Roma che in tutta la Francia. Ciò è determinato dal fatto che vengono avviate sempre più cause civili con il risultato scontato di un vero e proprio intasamento dei tribunali che poi determinano lungaggini nei provvedimenti e fanno sì che l’Italia venga poi multata dagli organi Ue.
Le ultime statistiche parlano chiaro: in Italia ci sono circa 4 milioni di cause pendenti che non interessano solo liti tra cittadini ma coinvolgono anche gli enti locali. Emblematico in tal senso il caso della Regione Calabria, che a fronte di una popolazione di due milioni circa di abitanti risulta coinvolta in ben 43.852 cause. Numeri da allarme rosso che hanno costretto la Corte dei conti regionale a bacchettare l’ente parlando di “mina da disinnescare”. Anche perché bisogna tenere presente che tutto ciò alimenta un vero e proprio business che poi viene pagato mettendo mano alle casse regionali e di conseguenza nella tasche dei contribuenti calabresi.

Il caso calabrese
Presentando l’annuale rapporto sul rendiconto della Regione Calabria i giudici contabili di Catanzaro hanno infatti indirizzato dure critiche all’ente governato da Giuseppe Scoppelliti che è impegnato in troppi contenziosi, il cui numero denunciato è perfino approssimativo, visto che è attualmente in atto una revisione del sistema informativo di monitoraggio della materia che potrebbe far lievitare ancora di più questo numero. Il procuratore regionale Cristina Astraldi de Zorzi punta l’indice anche contro la struttura legale che è composta da appena 22 avvocati, dislocati tra Reggio e Catanzaro, tutti dipendenti della Regione, un numero evidentemente troppo esiguo per la mole di lavoro, visto che ogni singolo legale dovrebbe seguire circa 2000 cause. Poiché ciò appare difficile la Corte dei conti ipotizza che oltre ai costi fissi e per parcelle professionali spettanti agli avvocati interni, la Regione sia anche costretta ad avvalersi di professionisti esterni al fine di far fronte a tutti i giudizi pendenti, con conseguente aumento dei costi.

I casi più delicati
Sempre nella sua relazione la Astraldi ha poi voluto evidenziare i contenziosi più significativi e la relativa esposizione debitoria di viale Portanova come ad esempio quella relativa al pagamento dei lavoratori Lsu-Lpu dell’Ente parco del Pollino, per una cifra che si aggira intorno al 1 miliardo e 700 mila euro, o la vicenda relativa alla Fondazione Tommaso Campanella, qui il contenzioso è di 174 milioni di euro. A questi due ne vanno poi aggiunti altri di una certa entità, come ad esempio quello in corso con Trenitalia, per 80 milioni, o con Ferrovie della Calabria, per 50 milioni. Tutti dati che mostrano un quadro preoccupante e che hanno spinto la Corte dei conti a bacchettare la Regione, anche perché se per assurdo questa dovesse perdere anche solo la metà di queste cause gli effetti per il bilancio dell’ente, comunque lodato dai giudici tributari per i risultati raggiunti, sarebbero a dir poco catastrofici e vanificherebbe tutti gli sforzi fatti fino ad ora dall’amministrazione locale per tenere sotto controllo le uscite. Il grande intasamento dei tribunali calabresi ovviamente va ad aggiungersi al grande ingorgo che caratterizza quelli italiani con numeri davvero inquietanti. Come denunciato anche ieri da La Notizia per arrivare al terzo grado di una sentenza occorrono in media 8 anni, lentezza che ci ha spesso portati davanti al tribunale di Strasburgo dove abbiamo il triste primato di essere lo Stato che spende di più per indennizzare i propri cittadini per le violazioni subite: ben 120 milioni di euro.