La Rai s’inchina sempre a Renzi. Matteo straborda sugli schermi di Viale Mazzini. Tempi squilibrati anche per le primarie di casa dem

Dal referendum alle primarie. Ma la musica per Matteo Renzi non è cambiata: troppa presenza in tv e poco spazio ai competitor

Sarà pure cambiato il modo di comunicare del comunicatore per eccellenza, quale è l’ex premier Matteo Renzi, rispetto alla campagna referendaria, ma la polemica che accompagna la sua narrazione sembra essere sempre la stessa. Troppa presenza in tv e poco spazio ai competitor. Per i suoi avversari è come se non fosse accaduto nulla, come se il voto del referendum sulla riforma costituzionale fosse stato solo un incidente di percorso e non un accidente epocale.

Nuovo corso – Ammettiamolo, forse sono un po’ distratti, al punto da non essersi accorti che la strategia di Renzi è meno Tv e più confronti diretti con la gente. Soprattutto ora che la propaganda per le primarie aperte del Pd è entrata nel vivo. Detto questo non è che Renzi non si veda in Tv ma è che la televisione insegue lui e non viceversa, come ai tempi della campagna referendaria. “Errare è umano, perseverare è diabolico. Ho sollevato alcuni giorni fa il problema degli spazi dell’informazione pubblica dedicati al congresso del Pd, che non sono distribuiti in modo uguale tra i candidati, ma continuano a privilegiare la presenza di Renzi”, afferma in una nota il senatore del Pd, Vannino Chiti, che sostiene Andrea Orlando al congresso. Insomma, il modo è cambiato ma la sostanza è la stessa. “E’ stato monitorato anche in questi giorni”, aggiunge l’esponente dem, “forse i responsabili delle testate Rai non si rendono conto che in un congresso i tre candidati sono alla pari: non ci sono ex a cui tributare gli onori della ribalta. E’ troppo chiedere di non fare il tifo ma, come servizio pubblico, di dare un’informazione corretta?”. Messa così sembra di sentir parlare un esponente grillino. In realtà, nella denuncia di Chiti, un fondo di verità c’è. E per trovarne la traccia basta leggere con attenzione l’ultima esternazione del deputato del Pd, Michele Anzaldi, responsabile della comunicazione di Renzi. “Perché Sky, senza alcun obbligo, riesce a parlare di cultura in maniera tale da farne un successo di pubblico ed economico, mentre spesso la Rai appare costretta a inseguire? Lo dice la nuova Concessione, come anche quella vecchia, e lo dice anche il Contratto di servizio: la Rai ha il dovere di impegnarsi nell’ambito della cultura, delle arti, dell’informazione, della crescita intellettuale del Paese. Facendolo, potrebbe realizzare anche prodotti da esportazione”. E secondo l’esponente dem non lo fa. Anzi, riesce a produrre l’esatto contrario.

La scelta – Ed è qui che si crea il cortocircuito. In realtà non è Renzi che va troppo in Tv ma è la Rai che lo asseconda oltre il lecito, in modo da contenere gli attacchi di Anzaldi. Se il metodo del rottamatore è cambiato, ciò che non è variato è l’atteggiamento della Tv pubblica nei confronti dell’ex premier. A viale Mazzini vale sempre la stessa regola: in assenza di certezze sempre meglio star dietro a chi offre le migliori garanzie di vittoria. Più che saggezza, sano realismo.