La Rete per ora è salva. Grillini e Lega votano compatti per il no alla norma sul diritto d’autore

Il primo a dirlo, in maniera chiara e lapalissiana, era stato Luigi Di Maio: “La riforma del copyright è una bavaglio alla Rete”. Ecco perché “ci opporremo con tutte le nostre forze, a partire dal Parlamento europeo”. E così è stato. Ieri gli eurodeputati, riuniti in seduta plenaria a Strasburgo, hanno votato contro l’avvio dei negoziati con Consiglio e Commissione Ue sulla proposta di direttiva per la riforma del copyright, incentrata sul diritto d’autore in rete. Il testo, dunque, tornerà a essere esaminato e votato nella prossima plenaria a settembre e nel frattempo potranno essere presentanti emendamenti. Con buona pace dei tanti difensori della rete, che temevano – a giusta ragione – che la delibera avrebbe “limitato la libertà di comunicazione elettronica online”, come detto chiaramente proprio a La Notizia qualche giorno fa da uno dei massimi esponenti del diritto web, Guido Scorza.

C’è da dire, però, che non è stata una partita facile, considerando che, di fatto, il Parlamento europeo si è spaccato in due al voto: a favore 278 eurodeputati, mentre i no sono stati 318 e 31 gli astenuti. I gruppi politici hanno fatto registrare varie emorragie fra gli eurodeputati. Diviso letteralmente in due tronconi il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D), come anche quello dei liberali dell’Alde guidati da Guy Verhostadt ed il gruppo dell’Europa delle nazioni e delle libertà (Enf), di cui fa parte la Lega, che però ha votato compatta per il no. Più contenute le divisioni tra i Popolari (Ppe), mentre nell’Efdd, il Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia diretta, dove siede il M5S che compatto ha votato contro l’avvio dei negoziati, solo in tre hanno scelto il sì. Tra i partiti l’unanimità di vedute ha prevalso nella Lega, M5S e Fi (quest’ultimo favorevole alla norma), mentre l’emorragia interna più consistente ha prevalso nel Pd. La maggioranza degli eurodeputati dem ha infatti dato il proprio assenso per l’avvio del negoziati sulla proposta di direttiva, ma una schiera di ben 7 deputati del Pdi si è però espressa contro.

L’obiettivo principale della misura, proposta dalla Commissione europea nel 2016, è modernizzare il diritto d’autore nell’era della rivoluzione digitale, visto che l’ultima legge in merito risale al 2001. L’idea è di obbligare le piattaforme online, come ad esempio YouTube, a pagare meglio i creatori di contenuti e a controllare che ciò che viene pubblicato dagli utenti non sia protetto da copyright (articolo 13). In segno di protesta, Wikipedia, che ha parlato di limitazione alla “libertà online”, non è stato accessibile mercoledì in almeno tre Paesi europei, fra cui l’Italia. La riforma prevede anche la creazione di un nuovo diritto per gli editori, che permetterebbe a giornali, riviste e agenzie di stampa di farsi pagare quando i loro contenuti vengono riutilizzati online, ad esempio con titoli e brevi estratti (articolo 11). Non c’è dubbio, però, che i veri vincitori sono stati i rappresentanti dei due partiti di maggioranza italiani. Gli unici compatti sulla linea del no sono stati gli esponenti del Movimento 5 stelle: “Oggi è un giorno importante”, ha detto Di Maio, “il segno tangibile che finalmente qualcosa sta cambiando anche a livello di Parlamento europeo. Nessuno si deve permettere di silenziare la rete e distruggere le incredibili potenzialità che offre in termini di libertà d’espressione e sviluppo economico”. Esulta anche il leader del Carroccio Matteo Salvini: “Bavaglio alla rete e a Facebook respinto ora a Strasburgo anche grazie al no della Lega: non ci fermeranno”. Dall’altro lato del campo, su posizioni equipollenti il Pd e Forza Italia. “Non si tratta di mettere bavagli all’informazione, bensì di tutelare chi produce quelle stesse informazioni”, ha sottolineato invece Simona Bonafè.