La riforma Rai tarda, Tg sotto attacco. Con le testate autonome gli inviati non sono uno spreco. Il caso Usa, una manovra per spingere il riassetto

I cinque inviati delle testate giornalistiche Rai in America al seguito del premier Renzi non sono uno scandalo. Non è giusto parlare di sprechi, semmai quelli vanno individuati da altre parti, non certo nei tiggì, i quali in un anno incidono nel bilancio di Viale Mazzini in percentuali che – per contarle – bastano le dita di una mano. Senza dimenticare che i telegiornali, soprattutto le edizioni più importanti della giornata, sono sempre al di sopra della media di rete riguardante gli ascolti. In pratica a Saxa Rubra possono dire di avere lo share più alto d’Europa con il canone più basso. Tutto questo putiferio dà l’impressione che sia una manovra concepita allo scopo di accelerare la riforma dell’informazione e delle Newsroom.

LA RIFORMA
In un giorno ci sono più o meno venti edizioni di tiggì. L’ex direttore generale Gubitosi ha tagliato più volte il budget ai telegiornali ma senza diminuire né le edizioni né il minutaggio della loro durata. Quindi ogni testata è ancora autonoma. E siccome tarda ad arrivare la riforma dell’informazione – che accorpa testate e redazioni – ecco che i direttori di tiggì sono costretti a mandare l’inviato, per il quale il viaggio negli Usa diventa un tour de force. Da solo deve realizzare e montare servizi in continuazione. Correre come una pallina da tennis da un avvenimento all’altro. Non c’è solo Renzi, ma Obama, Putin l’Expo alle Nazioni Unite. In verità ci sono pure i corrispondenti. Che però hanno seguito il viaggio (e gli spostamenti) del Papa. Il risparmio c’è stato nell’operatore: ne è partito uno solo, sacrificando le immagini. A onor del vero tutti gli inviati di qualsiasi testata sono sottoposti al tour de force, però – obiettivamente – per chi lavora nella carta stampata non esiste l’incubo delle tante edizioni del tiggì e del montaggio.

NEL MIRINO
Come se non bastasse i telegiornali hanno la spada di Damocle dei partiti, sempre pronti a convocare i direttori in audizione, anche in tempi in cui non c’è la par condicio. E se si commette un errore e l’AgCom multa la Rai l’azienda di rifà sul budget della testata incriminata.

GLI SPRECHI
Se veramente si vuole fare le pulci agli sperperi, basterebbe guardare a quanto le reti spendono per le produzioni esterne. Oppure agli stipendi dorati dei dirigenti, soprattutto di chi non ha più incarichi. Delle redazioni della Tgr superaffolate di personale che ha ottenuto il posto grazie agli interventi di politici e di governatori locali. Mah, per dirla alla Arbore: vengono dopo il tg!