Doppio schiaffo ai padroni del gioco. Solo adesso che Lottomatica è scappata lo Stato si accorge di Azzardopoli

Le lobby del gioco devono pagare 200 milioni

Le lobby del gioco devono pagare 200 milioni

di Antonello Di Lella

Questa volta a pagare saranno loro. Le lobby del gioco d’azzardo. Anche se fino all’ultimo hanno provato ad evitare quel prelievo di 500 milioni previsto dalla legge di Stabilità. Alla fine non c’è stato niente da fare, almeno per ora, visto che il Tar ha rispedito al mittente il ricorso di concessionarie e gestori di newslot e videolottery che chiedevano il rinvio del pagamento della prima rata da 200 milioni di euro in scadenza a fine aprile. Il versamento annuo prevede che entro il 2015 vengano versati allo Stato complessivamente 500 milioni. Prima di allora è stata fissata una nuova udienza per il prossimo 1 luglio. Data che il tribunale amministrativo del Lazio aveva già proposto inizialmente, propendendo per il rinvio; gli operatori hanno però chiesto una decisione immediata. E i giudici amministrativi hanno ravvisato che “le esigenze cautelari addotte dalla società ricorrente non giustificano la concessione della richiesta misura cautelare in quanto: l’importo del versamento da effettuare, da parte dell’intera filiera del gioco legale, alla data del 30 aprile 2015 ammonta a 200 milioni di euro; non appare compiutamente dimostrato che sussista un pregiudizio irreparabile nelle more della decisione del merito del ricorso”. Tanta fretta chiesta nella decisione, quanta spera il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, se ne abbia da parte delle concessionarie nel saldare quanto previsto: “Mi auguro che ora i concessionari, i gestori e gli esercenti, diano corso al pagamento. Questo”, sottolinea Baretta, “potrebbe consentire di affrontare il versamento della seconda rata, previsto ad ottobre, con le nuove modalità e di arrivare alla sentenza del 1 luglio con soluzioni condivise”.

UNA GUERRA INTERNA
Sulla cifra da pagare si è scatenata una vera e propria bagarre. Secondo quanto previsto dalla legge i 500 milioni dovevano essere suddivisi proporzionalmente tra i 13 concessionari possessori di Vlt e Awp alla data del 31 dicembre 2014. Il meccanismo stabilito per il prelievo statale di 500 milioni a carico dell’intero comparto prevede anche che gestori ed esercenti degli apparecchi versino i soldi ai concessionari e questi ultimi poi allo Stato.
La confusione più totale che aveva già scatenato una vera e propria guerra tra l’associazione dei concessionari degli apparecchi di intrattenimento (Acadi) e le tre associazioni (Sapar, Agisco e Astro) che rappresentano gestori ed esercenti come raccontato da La Notizia il 9 gennaio scorso. Oltre a un’altra guerra intestina ad Acadi dove lo scontro c’è stato tra le società più piccole e quelle più grandi come Sisal e Lottomatica.

IL CASO SISAL
A far discutere è una strana operazione siglata da Sisal Entertainment messa a segno sul finire dell’anno con la dismissione di migliaia di videolottery, salvo poi riacquistarle in parte. A denunciarla è stata un’interpellanza del deputato Mario Rabino di Scelta Civica che sottolineava come quella dismissione avvenisse solo due giorni prima del calcolo dei Monopoli finalizzato a determinare la cifra da pagare secondo quanto previsto dalla legge di Stabilità. Secondo Rabino così facendo “il concessionario risparmiava 2,5 milioni, ottenendo vantaggi rispetto agli altri 12 concorrenti”. Circostanza confermata, poi, dal Governo.

Tremano i padroni delle slot. I limiti al gioco sono legittimi

di Alessandro Righi

La tutela dei consumatori, nel caso specifico dei giocatori d’azzardo, viene prima di qualsiasi interesse. E a sancirlo non è né il Governo né il Parlamento, visto che il riordino della normativa sul gioco continua a subire rallentamenti, ma una sentenza della Corte Costituzionale che per la prima volta fissa dei paletti ben definiti assestando un duro colpo alle lobby del gioco d’azzardo. Per essere più precisi ai padroni di slot e videolottery. “Sono legittime restrizioni all’attività di organizzazione e gestione dei giochi pubblici affidati in concessione per garantire un livello di tutela dei consumatori particolarmente elevato e padroneggiare i rischi connessi a questo settore”, si legge nella sentenza. “I motivi sono contrasto alla diffusione del gioco irregolare o illegale in Italia; tutela della sicurezza, dell’ordine pubblico e dei consumatori, specie minori d’età; lotta contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore”. D’ora in avanti gli esercenti e il legislatore dovranno tenerne conto. Magari a partire proprio dalla normativa che mira a fare chiarezza sul gioco d’azzardo in Italia. Mentre i sindaci dei comuni potranno sfruttare l’opportunità per bloccare, almeno in determinati orari, il gioco d’azzardo selvaggio. Vietandolo. E tenendo conto del principio stabilito, questa volta a poco dovrebbero servire i ricorsi per fermare i provvedimenti restrittivi. Cosa che è accaduta spesso. Fino a qualche giorno fa.

LA SENTENZA
La Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità promossa dal Consiglio di Stato, respingendo il ricorso di Bplus Gioco legale contro alcune norme contenute nella legge di Stabilità del 2011. A rivelare la sentenza innovativa il quotidiano Avvenire che ha raccontato come le norme contestate dal concessionario riguardavano anche l’adozione di strumenti per escludere i minori dall’accesso al gioco, promuovendo comportamenti responsabili. Contestazioni ritenute infondate perché la Corte costituzionale ha rilevato che “le norme denunciate sono dichiaratamente rivolte a contemporare gli interessi privati dei concessionari con i prevalenti interessi pubblici coinvolti del settore dei giochi e delle scommesse e a migliorare la tutela, senza che vi sia dato rinvenire elementi di arbitrarietà nella loro individuazione”. Il problema che la Consulta solleva riguarda anche la par condicio tra i gestori, “del tutto giustificata dalla situazione di vantaggio del concessionario preesistente che, avendo aderito alla fase di sperimentazione del regime di sistemi di gioco costituiti dal controllo remoto del gioco attraverso videoterminali, non ha dovuto sottoporsi alla gara per il nuovo affidamento”.

Gtech saluta l’Italia. Ieri l’ultimo giro a Piazza Affari

Gtech saluta tutti e se ne va a Londra nel silenzio di Stato. La stessa società fa sapere che tutte le condizioni sospensive della fusione transfrontaliere di Gtch nella società di diritto inglese International Game Technology Plc sono state soddisfatte e allora la fusione avrà effetto dal prossimo 7 aprile. Subito dopo verrà completata l’acquisizione della società statunitense International Game Technology. Quello di ieri è stato, invece, l’ultimo giorno di quotazione delle azioni Gtech sul mercato della Borsa italiana. Il titolo della nuova IGT che nasce dalla fusione della ex Lottomatica con la ex Georgia Worldwide sarà quotato a New York. La sede legale sarà però a Londra, mentre sedi operative resteranno a Roma, Las Vegas e Providence. Le proiezioni parlano di ricavi stimati per il 38% dall’Italia. Nonostante tutto ciò la concessione alla società non è stata ritirata e andrà avanti fino al 2016 in prorogatio. Mentre centinaia di milioni non entreranno più nelle casse dello Stato italiano. Per la serie, cornuti e mazziati.