Le milizie islamiche ritornano al bancomat Italia

Il ministro Gentiloni ha escluso che si tratti di una ritorsione verso l’Italia. Il sequestro di quattro nostri connazionali in Libia non è un atto di guerra o di terrorismo. Dunque cosa resta? Il sequestro per il riscatto. Soldi, che l’Italia non ha mai risparmiato quando c’era da liberare i propri ostaggi, soprattutto nelle aree più calde del pianeta.

ELENCO LUNGHISSIMO
Certo, mentre ai sequestrati di tutto il mondo tagliavano la testa senza sentire gli appelli disperati dei familiari, noi abbiamo fatto sempre un figurone. Il 15 gennaio scorso sono tornate dalla Siria Greta e Vanessa, mentre il 28 settembre di un anno fa rientravano da Baghdad le due Simone. E che dire del cooperante Federico Motka, rapito nel 2013, per il quale fonti giornalistiche avevano riferito del pagamenti di 6 milioni di dollari fatti arrivare dalla Turchia. Una pratica niente affatto nuova. Le modalità del rilascio degli addetti alla sicurezza Agliana, Cupertino e Stefio nel 2004, dopo la morte del loro compagno Quattrocchi, sono tipiche del rilascio di ostaggi, con il trasporto in una casa poche ore prima dell’arrivo dei “salvatori”. Anche in quel caso si parlò di una generosa donazione italiana: 9 milioni di dollari.

IL TERRORE RINGRAZIA
Di questi, come di molti altri casi, non è mai stato ammesso apertamente il pagamento di un riscatto, ma si sa che l’Italia non è mai stata il paladino del fronte della fermezza e sotto banco in tanti sono pronti a giurare che i soldi sono stati consegnati. Per questo gli italiani “brava gente” sono come assegni circolari, soprattutto nelle zone più insidiose come quella dove domenica notte sono stati rapiti i quattro dipendenti della ditta Bonatti. Uomini che secondo la tv Al Jazeera sarebbero adesso nelle mani di una delle tante bande tribali che controllano un pezzetto di territorio del Paese ormai senza controllo dopo la caduta di Gheddafi. Che vadano ai terroristi o a bande di delinquenti comuni, i soldi che i Governi pagano finanziano altre bande che continueranno a utilizzare gli stessi meccanismi. Ma non c’è dubbio che i primi a ringraziare sono quegli stessi assassini che poi con i nostri soldi progettano attentati e distruzione proprio a casa nostra, in Europa. Secondo il New York Times il business dei sequestri sarebbe infatti la principale fonte di finanziamento per al Qaida, con 125 milioni di dollari versati solo nel 2008. E fiumi di soldi sono arrivati anche agli altri gruppi terroristici e alle bande che li fiancheggiano. Non è un mistero che a pagare non sia solo l’Italia – anzi, in questa abitudine siamo in ottima compagnia, a partire dai francesi – e per questo gli ostaggi siano venduti anche più volte tra le diverse bande. Aspettando che apra il bankomat Italia o quello di turno.