L’Italia nel mirino dei jihadisti. Ora pure Boko Haram ci minaccia. Il leader islamico promette di farci la guerra. E avverte: vi venderemo come degli schiavi

A voler attaccare l’Italia non c’è solo l’Isis. Il Belpaese adesso è pure nel mirino di Boko Haram. A minacciarci è Abubakar Shekau, il capo dei jihadisti nigeriani che istruisce le bambine per mandarle a morire in attentati kamikaze. In un videomessaggio il terrorista, con un mitra in mano, annuncia di voler attaccare nel nome di Allah l’Occidente: “Schiavi di Hollande e Obama, vi porteremo al mercato e vi venderemo”. Inoltre l’estremista, dato per morto almeno un paio di volte dai nigeriani ma poi regolarmente ricomparso, ha risposto al massiccio sforzo militare e diplomatico con questo ultimo video in cui chiede ad Allah di dargli la forza per continuare la “guerra santa”. Poi indirizza minacce a tutti i governi africani che fanno parte della coalizione senza risparmiare nemmeno Israele.

LA LOTTA AI JIHADISTI
Un filmato che arriva in un momento cruciale della lotta contro Boko Haram che da febbraio vede impegnata una coalizione per ora formata da reparti militari di Nigeria, Niger, Camerun, Ciad e Benin, i paesi del Centro Africa più direttamente minacciati dai “talebani” d’Africa. È una vera e propria guerra: attacchi e controattacchi attraverso quattro o cinque frontiere. Bombardamenti, anche con elicotteri e aerei. Rappresaglie feroci. Città occupate e poi liberate. Centinaia di morti, soldati e civili. Attentati. Gli ultimi due domenica e martedì: prima quello della bimba di 5 anni mandata a farsi esplodere in una mercato. Poi, nella stessa città di Potiskum, un kamikaze ha fatto saltare per aria un bus: almeno 15 i morti. Il tutto mentre i jihadisti d’Africa e Medio Oriente sembrano stringere contatti sempre più stretti. “Ci sono anche miliziani di Boko Haram in Libia, oltre all’Isis e a diversi combattenti yemeniti a Sirte” ha affermato il premier libico Abdullah al Thani, accusando l’Occidente di “chiudere un occhio” sul contrabbando di armi e di “sapere” che questo traffico coinvolge le milizie al potere a Tripoli e gli altri gruppi armati anti-governativi.

IL PERICOLO
Che il confine sud della Libia con il Ciad e il Niger sia un “colabrodo” è ben presente alle cancellerie occidentali, in particolare alla Francia che dalla sua posizione in Mali ha avvertito, nei mesi scorsi, del pericolo di infiltrazioni terroristiche attraverso il deserto. Da lì passano, ogni giorno, criminali e immigrati in fuga. Lo stesso Al Thani aveva avvisato che Isis e Boko Haram stavano raggiungendo gli altri gruppi terroristici libici e che si stavano avvicinando alla Tunisia. E mentre all’Onu si lavora al negoziato tra le diverse fazioni libiche, L’Isis ha messo al bando sia le une che le altre. Un proclama firmato dalla brigata Battar, principale formazione del Califfato in Libia, ha definito infatti “infedeli” sia il governo di Tobruk sia il Congresso generale di Tripoli e hanno ammonisto le milizie di Misurata a “non interferire con le operazioni dello Stato islamico”.