Lo stadio della discordia

Di Sandra Amurri per Il Fatto Quotidiano

La lotta è tra due costruttori romani: Luca Parnasi alla conquista della Capitale e Francesco Gaetano Caltagirone che la Capitale non ha mai smesso di conquistarla. Il nodo del contendere: la realizzazione del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, affidata a Parnasi che ha fatto scoprire a Caltagirone non di essere figlio dei fiori, sarebbe troppo, ma degli ecologisti sì. Tanto da sfoderare con la sua portaerei, Il Messaggero, uno dei più grandi attacchi mediatici contro lo Stadio della Roma di Tor di Valle che verrà costruito da Parnasi che, ahilui, non possiede giornali.

Luca Parnasi, figlio del comunista ultraottantenne Sandro, amico di Alfio Mar-chini, candidato contro Ignazio Marino, con la sua Parsitalia è partito da Euroma 2, per poi passare alle due torri dell’Eur, i 250 mila metri quadrati di abitazioni e negozi del terzo polo commerciale a Pescaccio, ai 10 mila metri quadrati di case della Città del sole in quella che era l’autorimessa dell’Atac a Tiburtina fino ad arrivare allo stadio della Roma a Tor di Valle progettato dall’architetto americano Dan Meis.

E Francesco Gaetano Caltagirone, si sa, è uno degli imprenditori edili più ricchi d’Italia con interessi nel mondo. Di dividere la torta non se ne parla e se qualcuno ci mette le mani i suoi giornali gridano che è avariata, un po’ come la storiella della volpe e l’uva acerba. Così il Messaggero diventa la voce dello scandalo. Che si tratti di un’opera complessa e anche rischiosa non vi è dubbio ma far finta che a denunciarlo non sia il giornale di proprietà di un signore che ha le mani nella stessa pasta, che di scempi taciuti sulla coscienza ne ha tanti, è impossibile.

Come quando il Comune, guidato da Alemanno, provò a vendere il 21 per cento delle quote pubbliche di Acea, società municipalizzata per i servizi di acqua ed energia a Caltagirone. L’acqua, un bene comune privatizzato, cui i giornali di Caltagirone non si appassionarono altrettanto. La rivalità tra i due è una storia vecchia, che si ripete ogni volta che Parnasi parte per nuove conquiste, iniziata quando Zingaretti annunciò la sua candidatura a sindaco di Roma.

Il primo attacco sferrato da Il Messaggero e da Leggo fu contro la decisione della Provincia, da lui governata, di acquistare dalla società Parsitalia (una controllata di Parnasi), per 260 milioni un grattacielo all’Eur dove trasferire gli uffici di Palazzo Valentini. Fiumi di inchieste sul giornale allora diretto da Mario Orfeo: “È uno spreco di denaro pubblico senza precedenti visto che le province verranno abolite.

Secondo le stime degli esperti e degli addetti ai lavori il prezzo totale di 263 milioni di euro è sopravvalutato tra il 50 e il 60 per cento”. A seguire il malcontento dei sindacati in difesa dei dipendenti trasferiti a sud di Roma: “Un errore dal punto di vista finanziario e organizzativo”, tuonava su Il Messaggero Franco Fiorini, segretario Cisl di Roma.

In realtà l’apertura della nuova sede ha garantito ai dipendenti l’asilo nido, la palestra e la mensa aziendale, navette di collegamento con le stazioni più vicine della metropolitana e ha prodotto un risparmio di almeno 5 milioni di euro l’anno.

Torniamo allo stadio della Roma. Non meno di cinque giorni fa la cronaca di Roma de Il Messaggero apriva con “Fermate l’ecomostro”: un’intervista a Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente per spiegare di aver chiesto al Campidoglio di “intervenire immediatamente per fermare l’operazione” denunciando che “accanto al progetto per lo stadio sono spuntati uffici per 920 mila metri cubi, costruzioni turistico-alberghiere per 48 mila, aree commerciali ristoranti e bar per 62. Qui c’è un’operazione immobiliare da 700 milioni di euro dai contorni poco chiari”.

Batti e ribatti il ferro è diventato incandescente. L’assessore all’Urbanistica del Comune di Roma, Giovanni Caudo, ha detto “fermi tutti”, nonostante l’opera fosse considerata dal Campidoglio un fiore all’occhiello: “287 milioni di euro sborsati dai privati senza un euro a carico del Comune”. Uno a zero per Caltagirone. In attesa che l’arbitro fischi la fine, la partita continua sulle pagine de Il Messaggero, di Caltagirone, ça va sans dire