L’Ordine è arrivato: non abolire nulla

di Angelo Perfetti

Diciamo le cose come stanno. In un Parlamento zeppo di rappresentanti delle corporazioni è poco probabile che ci sia qualcuno disposto a mettere in discussione gli Ordini professionali. E infatti ogni qualvolta ci si provi, i disegni di legge finiscono con l’essere ignorati. Tanto per capirci, oggi in Parlamento la categoria più rappresentata resta quella degli avvocati. Crescono gli ingegneri, calano i giornalisti, calano anche i medici ma ci sono un paio di farmacisti. Il punto però non è l’impatto numerico che le singole professioni hanno nel definire lo scacchiere parlamentare, bensì il fatto che lo stesso sia pervaso da interessi corporativi che non permettono di mettere in discussione in sistema degli Ordini. Il quale, checché se ne dica, negli ultimi anni ha assunto sempre meno il ruolo di tutela della professione riducendosi a mero carrozzone, il più delle volte di tipo contabile, di un particolare interesse di una categoria; spesso senza neanche tutelare gli appartenenti alla categoria stessa, o alla casta che dir si voglia.

Tentativi inutili
Eppure a parole sono tutti d’accordo nell’esigenza di superare gli Ordini così come concepiti nel ventennio fascista. Un po’ per staccarsi da quel retaggio culturale da molti vissuto con estremo fastidio, un po’ per andare incontro ad un mondo (Unione europea compresa) che spinge verso la liberalizzazione delle professioni e del mercato connesso. Eppure ogni volta che un Disegno di legge prende forma resta incollato nei cassetti delle Commissioni senza mai approdare in aula. L’ultimo è stato quello del senatore Bartolomeo Pepe, presentato nel 2013 quando era nel Movimento 5 Stelle e non si era ancora verificata la frattura che lo ha portato al Gruppo Misto. Pepe presentò un Ddl di revisione degli ordini professionali, secondo un modello di tipo anglosassone prevedendo, in pratica, l’abolizione del sistema ordinistico attuale. Il testo del disegno di legge promosso dal senatore Pepe fu stato sostenuto, tra gli altri, dall’Upial (Unione degli ingegneri e degli architetti), annunciandosi come una sorta di “controriforma” rispetto al d.P.R. 137/2012 che aveva gettato le base per una revisione del sistema ordinistico nazionale. “Peccato però – spiega il presidente dell’Upial, l’ingegner Luigi Grimaldi – che nessuna forza politica lo abbia sostenuto, con il risultato di farlo sparire dall’agenda dei lavori parlamentari”.

Giornalisti nel mirino
Già perché quello dei giornalisti è un caso a parte. Il Movimento 5 Stelle infatti nell’aprile del 2013 ha proposto un nuovo disegno di legge sottoscritto da 53 senatori, primo firmatario l’ex capogruppo Vito Crimi, chiedendo una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’informazione. L’obiettivo dichiarato era abrogare la legge n. 69 del 3 febbraio 1969 sull’ordinamento della professione di giornalista. Agli atti della Commissione Cultura della Camera è finita anche la proposta di legge del deputato di Centro Democratico Pino Pisicchio (ex Idv), con la quale veniva chiesta la modifica del sistema di accesso alla professione, del meccanismo elettorale che oggi porta a una porta a una dimensione pletorica del Consiglio nazionale, delle procedure e degli organi che intervengono in materia deontologica.

Le altre professioni
Ma quello dei giornalisti non è l’unico Ordine nel mirino. Risale addirittura al 2008 la proposta di un gruppo di medici milanesi formalizzata all’Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori) per l’abolizione dell’Ordine dei medici. E poi ancora il senatore il senatore Raffaele Lauro (PdL), che con un disegno di legge costituzionale presentato al Senato propose l’abolizione dell’esame di Stato per l’abilitazione professionale. In questo caso l’obiettivo era la “Modifica all’articolo 33” quello cioè che prevede l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale. Anche in questo caso barricate delle corporazioni e silenzio del Parlamento. Oggi a parlare di abolizione è rimasta Scelta civica: “Esistono in Italia – ha detto il deputato Andrea Vecchio – troppi tappi che messi a protezione di altrettante caste, bloccano lo sviluppo di tutto il paese. Sono gli ordini professionali. Gli ordini professionali costituiscono un casta a guardia della casta stessa. Così accedere alla libera professione, se non si è figli di medici, avvocati, ingegneri, architetti, è impossibile”.

 

Avvocati nella bufera: al Consiglio della Capitale parentopoli e consulenze

di Fabrizio Gentile

Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma sempre più nella bufera. E con accuse non di poco conto. Sul tavolo del ministro della Giustizia, infatti, il Consiglio nazionale forense ha formalizzato la richiesta di scioglimento per pratiche clientelari e assunzioni parentali. Nulla di nuovo sotto il sole, si dirà, nell’Italia delle raccomandazioni e degli amici degli amici. Eppure il fatto che sia lo stesso Consiglio forense ad alzare il velo sul (presunto) marcio dentro al sistema forense la dice lunga sul livello di intossicazione del settore, a tutti i livelli.
Le censure mosse all’organizzazione presieduta dall’avvocato Mario Vaglio – così come anticipato dal Corriere della Sera – riguardano due casi specifici.

Le contestazioni
Il primo risale all’aprile di due anni fa quando fu assegnata a Mauro Milita una consulenza come addetto alla comunicazione dell’attività dell’Ordine; Vaglio avrebbe taciuto ai consiglieri di essere socio in affari con il beneficiario del contratto. Milita, amministratore unico della Skyclic (azienda partecipata da Vaglio, e la cui sede sociale sarebbe proprio nell’abitazione del presidente del Consiglio dell’Ordine forense) per quella consulenza ha percepito 24 mila euro in un anno. Una storia per la quale pende ancora l’ipotesi di un’incriminazione per abuso d’ufficio.

Parentopoli
L’altra criticità riguarda l’assunzione a tempo determinato di 27 unità, cinque delle quali legate da rapporti di parentela con dipendenti del Consiglio, avvenuta nei primi quattro mesi del 2012. Sotto i riflettori anche l’assunzione di un “parente strettissimo” di un funzionario della Cancelleria del Tribunale. Va sottolineato come la scorsa estate la procura aveva chiesto l’archiviazione per entrambe le vicende, ma proprio la relazione del Consiglio Nazionale Forense aveva rimesso tutto in gioco. Nella relazione del Cnf, infatti, veniva censurata la mancata comunicazione ai consiglieri del conflitto di interessi. Un episodio giudicato ancor più grave visto che Vaglio, nell’occasione dell’assegnazione della consulenza, avrebbe dovuto astenersi ed invece partecipò. Come si legge negli atti della Procura, infatti, Vaglio omise “di astenersi dal voto e comunque di comunicare ai consiglieri la sua situazione di incompatibilità in occasione delle votazioni per la nomina di un addetto alla comunicazione”, innescando così quello che è stato definito dai magistrati “l’ingiusto vantaggio patrimoniale costituito dalla nomina e dal relativo compenso”.

L’ultimo atto
A dicembre 2013 il Guardasigilli ha disposto la prosecuzione del procedimento davanti al Cnf per avere un parere su cui basare il giudizio. Lo scioglimento dell’Ordine è stato deciso dal Consiglio nazionale forense già lo scorso febbraio.
Ora la pratica è tornata sul tavolo del ministro Orlando. Un caso spinoso: basti pensare che solo a Roma ci sono più toghe che in tutta la Francia