Mafia, otto arresti per strage Capaci. Dia: Squarciato velo d’ombra

A distanza di più di 20 dalla strage di Capaci, in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Rocco Dicilli, Vito Schifani e Antonio Montinaro, otto persone sono state arrestate proprio per quell’attentato. Si tratta di sette pregiudicati, tutti in carcere, e di una persona incensurata.

SQUARCIATO VELO D’OMBRA. Un provvedimento che per il procuratore nazionale antimafia, Giusto Sciacchitano, rappresenta “un punto fermo di queste indagini”, “uno squarcio sul velo d’ombra”, come spiegano i pm, rappresentato da una vera e propria “dichiarazione di guerra” lanciata da Cosa Nostra allo Stato italiani nel 1991.

GLI ARRESTATI. Tra gli otto arrestati c’è anche Salvatore Madonia, detto ‘Salvuccio’, 57 anni, attualmente detenuto in regime di 41 bis nel carcere dell’Aquila. Madonia, reggente della famiglia mafiosa di Resuttana-Colli, nell’ambito del mandamento di San Lorenzo, è stato condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa e svariati omicidi, tra cui quello dell’imprenditore Libero Grassi, che venne ucciso per aver denunciato i suoi estorsori. Il 57enne che partecipò attivamente alla guerra di mafia per l’ascesa dei Corleonesi, è attualmente imputato nel procedimento per la strage di via d’Amelio, scaturito dalle dichiarazioni di Spatuzza.

Gli altri sono Giuseppe Barranca, Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino e Lorenzo Tinnirello, tutti già detenuti e collegati in qualche modo alle stragi di via d’Amelio, di Milano e di Firenze. Già in carcere anche Cosimo D’Amato, in manette da novembre 2012 perché ritenuto tra i responsabili della strage di via dei Georgofili. Tutti sono accusati di strage aggravata continuata in concorso (a Madonia è riconosciuto il ruolo di mandante) e, ad eccezione di D’Amato, anche di devastazione aggravata in concorso, detenzione, fabbricazione e porto di esplosivi continuato, aggravato e in concorso.

FONDAMENTALI LE DICHIARAZIONI DI SPATUZZA. Questa nuova fase delle indagini ha permesso di ricostruire, in particolare, le fasi preparatorie e quelle esecutive della strage di Capaci del 23 maggio 1992. Fondamentali, a questo scopo, sono state le dichiarazioni rese dal pentito Gaspare Spatuzza, reggente del clan Brancaccio nei primi anni ’90, il collaboratore di giustizia che, secondo la Dia, più di tutti ha contribuito a individuare altri otto responsabili dell’attentato, prima d’ora mai sfiorati dalle inchieste. Inoltre, sempre grazie alle sue dichiarazioni e a quelle di Fabio Tranchina, è stato possibile accertare l’origine dell’esplosivo usato per le stragi.

STESSO TRITOLO. Secondo quanto emerso dal nuovo filone di indagini il tritolo utilizzato per l’attentato a Falcone fu lo stesso di quello impiegato per compiere le stragi del 1993. L’esplosivo fu recuperato dal cosiddetto ‘gruppo di fuoco’ del mandamento Brancaccio da quattro ordigni bellici della seconda guerra mondiale finiti nelle reti dei pescatori. A procurarlo fu proprio D’Amato, pescatore, grazie alle sue conoscenze nel settore.

DIA: PRECEDENTI GIUDIZI NON IN DISCUSSIONE. Le nuove indagini sulla strage di Capaci, sottolinea la Dia, “non rivisitano criticamente i precedenti giudizi, nè li mettono in discussione; anzi, le pregresse acquisizioni probatorie ne costituiscono il presupposto e l’ossatura”. Per la Direzione investigativa antimafia, le indagini riguardano “esclusivamente personaggi” che appartengono “alle associazioni di tipo mafioso, segnatamente organici” o vicini “al mandamento mafioso di Brancaccio”. Chiaro il loro ruolo, spiega la Dia, “in una fase specifica dell’organizzazione del delitto, ossia nella predisposizione dei mezzi poi usati nel momento esecutivo dell’attentato”.