Mani pulite

di Gaetano Pedullà

Toh, si rivedono le manette. E tante insieme, da Nord a Sud. Con le elezioni a due passi, il flashback di Tangentopoli è naturale. A parte Renzi, che ieri ha cercato di tenere la politica lontana dalle inchieste esattamente come fecero i leader della Prima Repubblica, troppo deboli per reagire alla furia delle Procure, questo giro di arresti non c’entra niente con quella stagione. Nel ’92 uno spirito di emulazione tra le Procure fece partire centinaia di inchieste, scardinando un intero sistema politico. Oggi abbiamo invece una magistratura profondamente divisa al suo interno, a cominciare proprio dalla Procura di Milano, e soprattutto non c’è nessun sistema da abbattere, semplicemente perché la politica è ancora più debole del dopo Tangentopoli. Il governo sta in piedi a malapena e la crisi di vocazioni ha lasciato vuoti i conventi dei partiti. Impazza Grillo e l’antipolitica. Dunque non ci sono alibi. La magistratura sta facendo il suo dovere, magari a tappe forzate per le partite aperte negli uffici, ma in fin dei conti scongiurando assalti alla diligenza sempre più grandi. Naturale, dunque, che l’inchiesta grossa parta ancora una volta da Milano, dove c’è il piatto più ricco. E soprattutto l’unico tesoretto ancora da spendere in opere pubbliche facilmente controllabili da faccendieri, politici collusi e manager senza scrupoli. La Notizia, non da sola per fortuna, denunciava da mesi la danza macabra che girava attorno agli appalti. Ora che abbiamo le prime conferme all’inquinamento che circonda l’evento, c’è da sperare che il bisturi vada più a fondo, estirpando anche gli intrecci tra colletti bianchi e le associazioni criminali che girano attorno ad Expo.