di Stefano Sansonetti
In quella zona va più che altro di moda segnalare gli incredibili ritardi della Nuvola di Fuksas, ovvero del nuovo centro congressi di Roma progettato dall’archistar. Ma in questi giorni di ricognizioni effettuate in loco dal sindaco, Ignazio Marino, è emerso quello che forse è il maggiore scandalo del quartiere romano dell’Eur: le tre torri ex Finanze che avrebbero dovuto lasciare spazio a un megacentro residenziale ideato nientemeno che da Renzo Piano. Edifici che dopo anni appaiono ancora bucherellati tanto da meritarsi il soprannome di “Beirut”. Una storia che vede come protagonista un drappello di imprenditori privati, il cui nome è destinato a rimanere legato a un enorme fallimento immobiliare. Bilanci alla mano, La Notizia è in grado di documentare le ultime tappe di un autentico disastro. Diciamo subito che i privati dietro al progetto sono la Lamaro Appalti della famiglia Toti, la Astrim, che per il tramite delle società Lujan e Fimar fa capo tra gli altri ad Alfio Marchini, Idea Fimit, sgr immobiliare del gruppo De Agostini e dell’Inps, la Tecnimont Civil Construction, l’immobiliare Fondiaria-Sai, un tempo del gruppo Ligresti (oggi fagocitata da Unipol), e la società Eurospazio. Ebbene, queste aziende grosso modo dal 2005 sono socie della Progetto Alfiere, ovvero la società che ha il 50% dell’Alfiere. Quest’ultimo è il veicolo che ha in pancia le tre Torri e avrebbe dovuto svilupparne il progetto. L’altro 50% di Alfiere appartiene a Fintecna Immobiliare, che invece fa capo alla pubblica Cassa Depositi e Prestiti. Ebbene, dopo otto anni di tentativi andati a vuoto oggi l’Alfiere si trova schiacciata da 130 milioni di debiti nei confronti delle banche e dalla componente privata che sta cercando letteralmente di fuggire.
Il caos più totale
Da un vecchio bilancio 2010 dell’Alfiere risulta che il progetto di Renzo Piano, il cui costo era stimato proprio in 130 milioni, avrebbe garantito un ritorno di 565 milioni dalla vendita del complesso residenziale che sarebbe nato dalla demolizione delle Torri. Un sogno ad occhi aperti, visto che il progetto è stato miseramente abbandonato per la sua insostenibilità. A guadagnarci è stato di sicuro Renzo Piano, il cui studio Rpbw, a quanto risulta, ha incassato all’epoca circa 4 milioni di euro. A quel punto i soci privati hanno tentato di scappare via. Dall’ultimo bilancio 2012 della Progetto Alfiere, per esempio, viene fuori che i privati hanno provato almeno fino al febbraio del 2013 a vendere la loro quota del 50% in Alfiere a due gruppi immobiliari come Sorgente Group di Valter Mainetti e Mittel Re, sgr un tempo totalmente controllata dalla finanziaria bresciana Mittel, vicina a Giovanni Bazoli e al suo sodale Romain Zaleski. Entrambe, si legge nel bilancio, avevano “manifestato interesse per il possibile conferimento del complesso immobiliare dell’Eur a un fondo di investimento immobiliare chiuso”. Peccato che il 31 ottobre del 2012 Sorgente Group si è defilata, mentre “dopo uno scambio di corrispondenza tra ottobre 2012 e febbraio 2013 è decaduto l’interesse all’acquisto del compendio manifestato da Mittel”. Insomma, un nulla di fatto. I vari Toti e Marchini, però, non si danno per vinti. Il loro obiettivo è quello di recuperare i circa 20 milioni investiti all’epoca per entrare in Alfiere. Il problema è che, con l’attuale situazione di mercato, nessuno è disposto a sborsare questa cifra. Tanto meno l’azionista pubblico Fintecna Immobiliare. Lo stesso Marchini, per questa esperienza fallimentare, è stato a dir poco punzecchiato da Marino durante il sopralluogo alla Nuvola, che sorge proprio a pochi metri dallo scempio delle Torri. Il fatto è che i privati, facendo leva solo sul debito bancario, si sono ritrovati sommersi da quello stesso debito più gli interessi, con in mano immobili che a certe condizioni nessuno vuole. Al punto che si sta facendo strada una possobile soluzione: mantenere la destinazione direzionale delle Torri, ristrutturarle, e poi darle in affitto o venderle.