Meglio le fiction che i tg. Daniele Pecci e l’arte dell’attesa

Malgrado i successi l'attore Daniele Pecci si è fermato prima di "Cuori". E adesso può pensare a nuovi ruoli nel cinema.

Meglio le fiction che i tg. Daniele Pecci e l’arte dell’attesa

Prendere una pausa dalla tv? Non è una brutta idea, e ancor di più se parliamo di quella italiana, dove il pubblico è sempre più diffidente, soprattutto sull’informazione. Per Daniele Pecci, popolarissimo protagonista della serie “Cuori” su Rai1, con Pilar Fogliati e Matteo Martari, staccarsi un po’ dalla tv è stato rigenerante. E se il teatro in cui si è cimentato in tanti ruoli – da attore a regista – resta un ricordo indelebile, dopo la notorietà raggiunta con le fiction “Il bello delle donne”, “Orgoglio”, “Tutta la verità” e “Sposami”, ora è il cinema il sogno nel cassetto. Un sogno peraltro già vissuto nel 2009 con “Fortapasc”, pellicola dedicata all’omicidio del giornalista napoletano Giancarlo Siani e diretta da Marco Risi, e la partecipazione nel 2010 al film di Ferzan Ozpetek “Mine vaganti”. Nei giorni della Festa del Cinema di Roma uno dei protagonisti della fiction italiana si racconta a La Notizia.

Partiamo da “Cuori”. La fiction racconta le evoluzioni della medicina negli anni ’60. Come mai le serie ambientate in corsia piacciono tanto?
“Il successo credo sia dovuto a un buon connubio tra la parte medico-storica e quella romanzata con intrecci che piacciono sempre. Un altro elemento, a mio avviso fondamentale, è stata l’ambientazione negli anni ‘60, la ricostruzione meticolosa delle macchine, dell’ospedale e dei luoghi di quel tempo”.

C’è nostalgia di quell’epoca?
“Sicuramente. Chi ha vissuto quegli anni li ricorda con grande malinconia, mi ha colpito su moltissimi blog, dedicati alla serie, riscontrare un’unanimità di consenso sull’ambientazione della fiction”.

Che uomo è Cesare Corvara e soprattutto che colpi di scena dobbiamo aspettarci?
“Ho cercato di interpretare questo personaggio nel modo più realistico possibile. Si tratta di un protagonista ad ampio spettro, in lui possono convivere tanti elementi come l’amore, la rivalsa ma anche la pacificazione”.

Fiction e serie tv attualmente sono le uniche a tenere stretta una gran fetta di pubblico. Da cosa deriva questa disaffezione verso i programmi?
“Guardo poco la tv, ma credo che il motivo sia legato alla cura e all’attenzione con cui sono realizzate le fiction. I programmi che, invece dovrebbero intrattenere, oggi tutto fanno tranne che questo”.

Secondo lei che momento storico vive la televisione italiana? È la poca identità delle reti a creare una certa disaffezione del pubblico?
“Non saprei. Noto però profonde lacune nell’informazione. È nella quasi totalità un disastro assoluto”.

Il 2021 ha segnato il suo ritorno alla fiction, da cosa era dipeso l’allontanamento?
“La fiction a volte può deprimere la ragione, possono scattare una serie di idiosincrasie e l’unico modo è starne alla larga per un po’. Mi è servito per tornare con una nuova coscienza”.

In questi giorni a Roma c’è la Festa del Cinema. Quello italiano è ancora in grado di produrre film all’altezza delle pellicole del passato? Che ruolo ha inoltre il cinema nella sua carriera?
“In Italia si vive un momento di forte flessione dovuto alle piattaforme. Nel panorama internazionale il cinema invece è ancora in grado di sfornare prodotti di qualità. Il mio rapporto col cinema è purtroppo del tutto inesistente, resta un sogno nel cassetto. Essendo un’arte, vorrei partecipare a progetti che abbiano l’ambizione di essere prodotto artistico”.

C’è un ruolo che vorrebbe fare?
“Sì, in teatro tantissimi. Per il cinema è diverso, vorrei scrivere una piccola pagina, partecipare a film che rimangano nell’immaginario collettivo”.