Le Lettere

Meloni, un odio di famiglia

La Meloni non si vergogna di dirsi madre e cristiana e poi agire come una belva nei confronti di poveri e migranti?
Luigia Nerei
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Gentile lettrice, la premier ha un bel dire “sono madre, sono cristiana”. Se la cosa si confacesse alle abitudini dello Stato del Vaticano, le sue frasi sarebbero derise da Papa, cardinali, vescovi, frati, conventuali e seminaristi all’unisono. Non c’è un solo tratto del suo pensiero politico (“pensiero” è un eufemismo, chiaro) che si possa dire cristiano. E poiché in Vaticano non girano baluba con anelli al naso, l’hanno capito tutti fino all’ultimo chierico. Tanto che la Caritas ha presentato una proposta di modifica del Reddito di cittadinanza per cercare di salvare quello che la Santa Sede considera il baluardo minimo contro la povertà. Ma parlare di RdC alla Meloni è come spruzzarle gas urticante negli occhi: digrigna i denti e ringhia a mo’ di pitbull impazzito. E lasciamo stare altri tratti “cristiani”, tipo essere madre senza essere sposata. Roba veniale, per carità. Il suo odio più profondo va a due nemici: poveri e migranti. In una puntata di Ballarò su Rai Tre già nel 2014, alla domanda: “Ma come li fermi i migranti? Li fai affogare tutti?”, ringhiò: “Sì, esattamente”. Sono perle di odio che si trasmettono in famiglia. Suo cognato, il ministro Lollobrigida, l’altro giorno ha detto che i percettori del Reddito di cittadinanza invece di poltrire sul divano dovrebbero lavorare in campagna. Ma forse anche lui, con la sua laurea all’università telematica – presa dunque dal divano di casa – se non fosse “cognato”, oggi magari si troverebbe a usare le sue braccia in agricoltura.

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