Migranti, arrivano le condanne per gil scafisti del naufragio che costò la vita a 700 persone: 24 anni di carcere in totale

Migranti, arrivano le condanne per gil scafisti del naufragio che costò la vita a 700 persone: 24 anni di carcere in totale

Poteva andare peggio. Invece se la caverà con diciotto anni di carcere e una sanzione di 10 milioni di euro che non potrà pagare mai. È  la condanna al capitano, Mohamed Alì Malek, 29 anni, del barcone che il 18 aprile 2015 affondò mentre ubriaco attraversava il Canale di Sicilia carico di migranti. ll più grosso naufragio della storia dell’immigrazione, una strage che è costata la vita a oltre 700 persone soffocate nel ventre del barcone che è stato recuperato in fondo al mare un anno dopo. Solo 28 sopravvissero, alcuni dei quali ieri per la prima volta si sono costituiti parte civile e hanno contribuito a ricostruire in maniera chiara quanto avvenne quella notte di aprile.

L’identikit – Il tunisino  è stato condannato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, omicidio colposo plurimo e naufragio, mentre il suo mozzo, il siriano Mahmud Bikhit di 27 anni, dovrà scontare 5 anni di carcere solo per favoreggiamento all’immigrazione clandestina. I due sono stati giudicati col rito abbreviato dal gup del tribunale di Catania Daniela Monaco. Entrambi durante il processo hanno sempre sostenuto di essere innocenti. Nel maggio scorso, la procura di Catania, aveva chiesto la condanna di Malik a 18 anni e di Bikhit a sei anni e il pagamento di un risarcimento danni di tre milioni di euro. Secondo l’accusa il naufragio fu determinato da una serie di concause, tra cui il sovraffollamento dell’imbarcazione e le manovre sbagliate compiute dal comandante Malek, che portarono il peschereccio a collidere col mercantile “King Jacob“, intervenuto per soccorre i migranti. Gli imputati si sono sempre proclamati innocenti, sostenendo di essere dei semplici passeggeri come gli altri migranti. Però, il mozzo ha poi accusato anche lui Malek di essere il comandante.

Mentre quest’ultimo ha sempre sostenuto di avere visto i componenti dell’equipaggio, ma di non averli individuati tra i sopravvissuti, aggiungendo di aver vissuto per due anni e mezzo in Italia e di avere avuto un figlio piccolo da un’italiana che vuole sposare per riconoscere il bambino. Ma il giudice non gli ha creduto.  Dunque, la condanna è stata pesante ma molto distante dall’ergastolo che, sempre al tribunale di Catania, è stato inflitto lo scorso anno ad un altro scafista ritenuto responsabile di un altro naufragio in cui morirono 17 persone, nulla vicino a quella strage.