Milano, bambina partorita in un capannone e lasciata in ospedale. È il secondo caso dopo il piccolo Enea

Milano, bambina è stata partorita in un capannone e poi lasciata in ospedale. SI tratta del secondo episodio simile dopo quello di Enea.

Milano, bambina partorita in un capannone e lasciata in ospedale. È il secondo caso dopo il piccolo Enea

Milano, una bambina è stata lasciata in ospedale dalla mamma dopo aver partorito in un capannone dismesso in periferia. La notizia è stata riportata dall’Ansa e si tratta del secondo caso in pochi giorni nel capoluogo lombardo dopo la vicenda del piccolo Enea.

Milano, bambina partorita in un capannone e lasciata in ospedale

A Milano a pochi giorni di distanza dal caso del piccolo Enea, ecco un altro episodio simile. Una donna, senza fissa dimora, è stata accompagnata dai carabinieri in ospedale dopo aver partorito in un capannone dismesso nella zona di Quarto Oggiaro, nel Milanese. Secondo quanto riportato da Ansa, la donna avrebbe chiamato il 118 e poi è stata trasportata all’ospedale Buzzi di Milano, dove ha lasciato la bimba appena nata senza riconoscerne la maternità.

“La piccola è sana ed è nata a termine” (della gravidanza, ndr), ha spiegato il professor Gian Vincenzo Zuccotti, primario di Pediatria al Buzzi. E commentando la decisione della madre di non riconoscere la figlia, il primario del Buzzi, ha sottolineato che non è così un evento raro: “Succede raramente che un neonato non venga riconosciuto dai genitori, forse un paio di casi all’anno. Per ora siamo in questo range”.

È il secondo caso dopo il piccolo Enea

Dunque, in pochi giorni un doppio caso nel capoluogo lombardo. Tuttavia, partorire nell’anonimato non è un reato ma è consentito. “È una cosa che pochi sanno – commenta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano – ma in ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino. Inoltre esistono le ‘culle per la vita’: la nostra si trova all’ingresso della Clinica Mangiagalli e permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono purtroppo tenere con sé. È una decisione drammatica, ma la culla consente di affidare il piccolo a una struttura dove gli sono garantite cure immediate e che preserva l’assoluto anonimato per i genitori”. Più che indignarsi verso le mamme che prendono una scelta così dura, sarebbe bene chiedersi e provare a spiegarsi perché ciò avvenga e se è consentito questo significa che si possono creare condizioni in cui una mamma crede che affidare il proprio figlio o figlia all’ospedale possa essere la strada migliore..