“Milano come la Calabria”. La frase choc della procuratrice nel maxi-processo Hydra

Processo Hydra, 146 imputati per la cupola lombarda formata da 'ndrangheta, camorra e cosa nostra che si spariva gli affari a Milano

“Milano come la Calabria”. La frase choc della procuratrice nel maxi-processo Hydra

In fatto di penetrazione ‘ndranghetista Milano è come la Calabria. A dirlo ieri, i pm della Dda milanese Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane nella loro requisitoria per il filone del rito abbreviato, a porte chiuse e nell’aula bunker, nel maxi procedimento ‘Hydra‘. Una tranche che vede circa 80 imputati. Per i pm dell’antimafia, a Milano c’è un “contesto mafioso” simile a quello calabrese, “né più né meno della Calabria”.

Alla sbarra 146 persone ritenute legate a Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra

La maxi-inchiesta, che vede a processo 146 persone, riguarda la presunta “alleanza” tra affiliati di Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra in Lombardia per fare “affari”, ossia sul cosiddetto “sistema mafioso lombardo”. In questa struttura, per gli investigatori, gli appartenenti alle tre organizzazioni mafiose non erano rivali, ma alleati, con una “struttura confederativa orizzontale”, con i vertici posti “allo stesso livello”, come sostengono i pm.

Ecco le famiglie che partecipavano alla cupola

Per Cosa nostra partecipavano la famiglia Fidanzati, originaria di Palermo ma da decenni stabilmente insediata a Milano; la famiglia Rinzivillo, basati a Busto Arsizio; i Maffei, originari di Catania; mafiosi trapanesi, collegati al mandamento di Castelvetrano (guidato da Matteo Messina Denaro). Le famiglie di ‘Ndrangheta appartenevano alla locale di Legano-Lonate Pozzolo collegata alla locale di Cirò (Crotone), dominata dalla cosca Farao-Marincola; uomini della cosca Iamonte legata alla locale di Desio e collegata alla locale di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) e un uomo – Antonio Romeo – legato alle cosche di San Luca e al suo boss, Sebastiano Romeo detto “u staccu”. A rappresentare la camorra, uomini legati alla famiglia di Michele Senese, il boss di Roma.

Tra patteggiamenti e rito abbreviato

Nella maxi udienza di ieri, tra i 146 imputati 77 hanno scelto l’abbreviato, 59 l’ordinario dell’udienza preliminare, mentre gli altri puntano a patteggiare. Ieri la lunga requisitoria della procura, con la ricostruzione delle indagini e gli elementi di prova sulle varie posizioni, domani arriveranno invece le richieste di condanna, mentre le difese parleranno il 17 e il 28 novembre, giorno in cui riprenderà pure il filone dell’udienza preliminare, sempre davanti al gup Emanuele Mancini.

I big alla sbarra, a partire dal cugino di Messina Denaro

Tra coloro a giudizio in abbreviato ci sono Giuseppe Fidanzati, figlio del boss Gaetano Fidanzati, e Bernardo, Domenico e Michele Pace, che avrebbero fatto parte del mandamento della provincia di Trapani, con al vertice Paolo Aurelio Errante Parrino, parente di Messina Denaro. Parrino, invece, è in udienza preliminare. Al procuratore Marcello Viola e alla pm Cerreti, tra l’altro, nei mesi scorsi era anche stata rafforzata la scorta per minacce ricevute legate a queste indagini. Le indagini erano passate pure per una decisione del gip che aveva bocciato gran parte delle richieste di arresti, poi però confermati da Riesame e Cassazione.