“Abbandonati”. Questo il nome suggestivo del report di Amnesty International in merito alle residenze sanitarie assistenziali italiane dove si sono registrati innumerevoli decessi, con inevitabili strascichi giudiziari, e in cui l’importante Ong ha ravvisato “violazione dei diritti umani in cinque campi”. I tasti dolenti segnalati nel rapporto fanno riferimento, come si legge nel testo, al “diritto alla vita, alla salute, alla non discriminazione, al non essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti e al rispetto della vita privata”.
Un’emergenza per la quale i rappresentanti di Amnesty, in audizione in commissione Diritti umani in Senato, ritengono “fondamentale che, in aggiunta al lavoro che la magistratura sta conducendo sul territorio dalla primavera dello scorso anno, per affrontare gli errori e le carenze strutturali si avvii un’inchiesta pubblica indipendente per esaminare e verificare la preparazione generale e la risposta alla pandemia nei presidi Rsa”.
Istanza che, proseguono gli esperti, nel “dibattito parlamentare ha prodotto già numerose prese di posizione e una proposta di legge sull’istituzione di una commissione parlamentare ad hoc” e “crediamo che un tipo di inchiesta di questo genere potrebbe rappresentare un’opportunità non solo per chiarire le responsabilità ma anche per esaminare i problemi strutturali del settore, che devono essere affrontati in maniera organica per garantire che in futuro i diritti degli anziani e degli ospiti di queste strutture siano rispettati e non siano trattati come pazienti di serie B”.
QUADRO DESOLANTE. Difficile dar torto a quanto raccontato da Amnesty che dipinge un quadro inquietante, soprattutto nel nord del Paese. Con parole che non lasciano scanso a equivoci, gli esperti spiegano che “le violazioni sono state in alcuni casi il risultato diretto di alcune decisioni istituzionali, mentre in altri queste decisioni hanno contribuito a violare i diritti fondamentali”. Un rapporto duro e che punta il dito contro decenni di tagli alla spesa pubblica in fatto di residenze assistenziali sanitarie e che, secondo la ong, sono state “deprioritizzate rispetto al settore sanitario”. Per questo sono emerse “l’inadeguatezza dei servizi esistenti per rispondere ai bisogni di anziani con patologie croniche” e “le condizioni contrattuali e lavorative del personale sanitario” che sono ben “peggiori rispetto a quelle del settore ospedaliero”. Non solo.
Questa situazione letteralmente fuori controllo e che il Covid-19 ha solo contribuito a far deflagrare prima del tempo, mostra il fianco anche alla carenza cronica di organico delle strutture che ha sottoposto gli “operatori a stress fisico e psicologico oltreché a un forte rischio di contagio”. Incredibilmente, si legge sempre nel rapporto, “nei mesi cruciali dell’emergenza e soprattutto a marzo e aprile”, ossia quando la pandemia è esplosa, “parallelamente alla chiusura delle visite esterne, le attività di sopralluogo e di controllo delle strutture da parte delle autorità responsabili non solo non sono state rafforzate ma in alcuni casi non sono state proprio realizzate”. Questa circostanza, proseguono gli esperti di Amnesty, è emersa soprattutto dalle “testimonianze molto allarmanti nel milanese di controlli sospesi, anche da parte della medicina del lavoro, in tutte le strutture della zona e ripresi solo dopo che i media avevano denunciato l’altissimo numero di contagi all’interno delle strutture”.