Mutui ipotecari usurari

di Angelo Perfetti

C’è voluto un escamotage per riuscire a veder applicata una sentenza di Cassazione. D’altronde il mondo bancario è talmente blindato (la politica negli ultimi anni gli ha già regalato diverse norme salva-banche) che spesso la lentezza dei processi, la difficoltà di sostenere per lungo tempo un giudizio e l’interpretazione che negli anni è stata data alle norme esistenti, ha scoraggiato se non addirittura cassato ogni ipotesi di rivalsa dei cittadini. Ma c’è chi non si è mai arreso, e tra questi anche “Lo Sportello dei Diritti”, associazione a tutela dei cittadini che ha intentato su tutto il territorio nazionale diverse cause contro lo strapotere delle banche e il loro modo autoreferenziale di porsi verso la clientela.

Corsi e ricorsi
Dopo aver cozzato più volte contro il muro dei Tribunali Civili, si è arrivati ad un caso per il quale era competente il giudice di pace. Ed è arrivata la sentenza “storica”, in quanto la prima – chiarisce l’associazione – di un possibile nuovo corso giudiziario; sentenza che peraltro non fa che applicare correttamente la decisione della Cassazione Civile n.350/2013, e condanna una banca a restituire di interessi versati impropriamente su un mutuo ipotecario. Attenzione perché il caso in questione è simili ad altre migliaia di casi in tutta Italia, trattandosi di un muto ipotecario appunto, cioè il tipo di mutuo che le famiglie prendono per comprarsi una casa, per ottenere un prestito o, a volte, per pagarsi un’automobile. Insomma, cose che riguardano la vita di tutti i cittadini e non solo di pochi.

Il caso
È il giudice di Pace di Domodossola, avv. Carlo Crapanzano, con la sentenza n. 88/2014, è stato il primo a corroborare l’orientamento della Suprema Corte, che nei fatti ha chiarito che la gran parte dei contratti di mutuo e molti di credito al consumo, sono già originariamente “usurari”. Secondo la posizione giurisprudenziale citata, infatti, era stato rilevato che già l’indicazione nel contratto del T.A.N. (tasso annuo globale) sommata a quella del tasso di mora, evidenziasse in gran parte dei casi il superamento del “tasso soglia”, con la conseguenza che ai sensi dell’articolo 1815 comma 2 del codice civile il contratto di mutuo in relazione alle pattuizioni relative agli interessi fosse nullo. Logico effetto: si è aperta la strada per migliaia di mutuatari e di consumatori sia di recuperare gli interessi versati e indebitamente percepiti dalla banca sia di vedersi annullare quelli ancora da versare. Al contrario, le banche, aiutate anche dall’”aggancio” loro dato dalla Banca d’Italia, hanno sempre sostenuto che il tasso di mora, non andasse conteggiato ai fini dello sforamento o meno del “tasso soglia” che costituisce la scriminante tra “mutuo usurario” e “non usurario”.

Il giudizio
Il giudice di legittimità, ai fini del controllo sull’usurarietà – applicando la normativa antiusura di cui alla L. 108/96 ed in particolare la L. 24/2001 che testualmente recita all’art. 1: “Ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento” – aveva evidenziato come si dovesse tener conto del tasso di mora stabilito contrattualmente. Dunque il magistrato onorario piemontese ha dichiarato che il mutuo così com’era strutturato dall’Istituto di credito – nello specifico un mutuo erogato da Barclays – fosse da considerarsi usurario condannando alla restituzione della quota parte d’interessi già versata. La banca ora potrà fare ricorso in Cassazione.

Le prossime mosse
Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, associazione che è impegnata da mesi in azioni analoghe in tutt’Italia previe le obbligatorie procedure di mediazione promosse innanzi al “Centro Nazionale di Mediazione e Conciliazione” , si tratta di una pesante sconfitta per gli istituti di credito, che almeno sino ad ora avevano deciso di declinare l’invito (bonario) presso i centri di mediazione dimostrando protervia ed inutile arroganza di fronte alla possibilità di rinegoziare in sede conciliativa i contratti di mutuo e di finanziamento.
Da ora dunque c’è la concreta possibilità di andare in giudizio facendo riferimento ad una sentenza che, seppur ancora in maniera embrionale, può dare una linea di condotta giurisprudenziale.