La decisione di abrogare il reato di vilipendio non spetta al presidente della Repubblica, ma al Parlamento. A ribadirlo è lo stesso capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in una nota diffusa dal Quirinale, nella quale si fa riferimento a una serie di articoli di stampa, pubblicati oggi, relativi proprio a questo tema, sollevato ieri da Beppe Grillo sul suo blog. Il leader del Movimento 5 Stelle suggeriva che il confine tra critica e vilipendio “è materia più indefinibile del sesso degli angeli. Inoltre un cittadino, perché il presidente della Repubblica sarà il primo dei cittadini, ma sempre cittadino rimane, non può essere più uguale degli altri di fronte alla legge. Invito il Presidente della Repubblica – scriveva ieri Grillo – a chiedere l’abolizione dell’articolo 278 sconosciuto nella maggior parte delle democrazie occidentali”.
Il Quirinale puntualizza quindi che “la contestazione” di “eventuali ipotesi di reato avviene del tutto indipendentemente da ogni intervento del Capo dello Stato, che non è chiamato a dare alcun parere né tantomeno autorizzazione all’autorità giudiziaria che ritenga di assumere iniziative ai sensi dell’articolo 278 del Codice Penale”. Nessuna pressione sulla magistratura, quindi, ma il compito di decidere sull’abrogazione spetta “a chi ha potere di iniziativa legislativa”, cioè il Parlamento, e non al capo dello Stato.
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