Napolitano

di Gaetano Pedullà

Adesso se ne può anche andare. Giorgio Napolitano l’aveva promesso appena rieletto Presidente della Repubblica: sarebbe rimasto al Quirinale il tempo strettamente necessario perché il quadro politico si stabilizzasse. E che altro deve accadere perché diventi più stabilizzato (o normalizzato) di così? Il governo ce l’abbiamo, le riforme sono incardinate, Berlusconi tra breve sarà detenuto o affidato ai servizi sociali. Comunque la pensiate è finita un’epoca. Quello che non finisce è invece il regno di re Giorgio, un signore che non perde occasione per chiedere – gli altri – di dare spazio ai giovani e lui invece, ormai prossimo alla novantina, è entrato nel secondo anno del secondo mandato da Presidente. E pazienza che negli ultimi anni abbia stravolto la Costituzione imponendo due governi (Monti e Letta), pazienza che abbia dato l’incarico a Renzi sotto ricatto dei poteri forti (ricordate l’avvertimento con le anticipazioni del libro di Friedman sul Corriere della Sera?), pazienza per i dubbi mai chiariti sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, e soprattutto pazienza che da Capo dello Stato non abbia fatto un solo gesto per pacificare un Paese diviso tra destra e sinistra peggio che ai tempi dei Guelfi e Ghibellini. Così oggi abbiamo milioni di elettori che – piaccia o no – con Berlusconi fuori gioco sono rimasti senza leader. Bel successo per un Presidente di tutti gli italiani. E abbiamo un governo che sta facendo delle cose anche buone, ma che imposto dall’alto (e non dalle urne) è talmente debole da rischiare di cadere domani su una riforma del Senato che vede contro metà dello stesso partito del premier. Presidente, bel capolavoro!