Nella Capitale l’11 novembre ci sarà il referendum sul futuro di Atac, ma pochi lo sanno. Scarse informazioni sul motivo del voto. E il risultato non sarà vincolante per la Raggi

Resta ancora da stabilire se la consultazione sarà valida anche senza arrivare al quorum del 33%

Il referendum consultivo su Atac è alle porte ma pochi lo sanno. Sono ridotte al lumicino le iniziative volte ad informare i cittadini della Capitale e infatti molti ignorano addirittura la data del voto, previsto per l’11 novembre dalle 8 alle 20 nei classici seggi. Sconosciuto ai più, è la prima consultazione di questo tipo a Roma. Pochi sanno, però, anche che il risultato non obbliga l’Amministrazione a rispettare la volontà del popolo. Eppure a voler vedere il lato romantico della questione, l’azienda che si occupa del trasporto pubblico romano è una presenza quotidiana nella vita di tutti. Chissà quante conoscenze fioriscono, amicizie si consolidano e amori sbocciano durante l’attesa di un bus.

Tuttavia tra l’Atac e i cittadini romani resta ben poco romanticismo. Anzi, ormai si può parlare di totale frattura tanto che i Radicali Italiani hanno deciso di dare la parola agli abitanti, promuovendo una raccolta firme che ha rapidamente raggiunto il quorum necessario. Ma cosa prevede il referendum? Se l’opinione pubblica concorda sul malfunzionamento di Atac e sul fatto che Roma necessiti di un servizio di trasporti degno di una capitale europea, a meno di un mese dal voto la confusione è ancora tanta. La data ufficiale di inizio della campagna referendaria è stata quella del 12 ottobre scorso, giorno in cui la Capitale è stata paralizzata dall’ennesimo venerdì nero di sciopero dei trasporti. Una battaglia a cui prenderanno parte due fazioni, quella dei Sì che chiedono che venga predisposta una gara pubblica per decidere l’assegnatario del servizio come previsto dalla legge, e quella dei No che vogliono, invece, che l’azienda rimanga di proprietà pubblica sottolineando i rischi della privatizzazione correlandoli, ad esempio, alla recente tragedia del Ponte Morandi. In tutto questo Atac, mantenendo un basso profilo, si limita a mostrare il trend positivo dei ricavi da titoli di viaggio, cresciuti del 2,5% rispetto al 2017.

QUESTIONI APERTE – Ma i problemi non sono finiti qui. In primo luogo i sostenitori del referendum sottolineano come esista un grave problema, ovvero quello del mancato rispetto da parte dell’azienda dei trasporti della Capitale del contratto di servizio, quello in cui, tra le tante cose, sono indicati i chilometri che l’azienda deve percorrere e con quante linee. Un’eventualità tutt’altro che remota e che dovrebbe portare ad ingenti multe. Peccato che ciò non si verifichi data la coincidenza tra Atac e Comune. All’ordine del giorno resta anche la questione relativa al quorum del referendum consultivo. Basterà raggiungere il 33% come previsto per i referendum consultivi oppure come sostiene Riccardo Magi, primo promotore di questo appuntamento elettorale, non sarà necessario? Secondo lui, infatti, “a gennaio 2018 la Raggi ha indetto il referendum e lo stesso giorno con un atto precedente ha tolto il quorum” dunque “a nostro avviso e secondo i pareri chiesti a giuristi, il quorum non c’è”.