Dopo decenni di chiacchiere e promesse mai mantenute, cala il sipario sulla soluzione dei due Stati per due popoli – ritenuta l’unica in grado di portare a una vera pace tra israeliani e palestinesi. Con una votazione notturna, come riporta il quotidiano Haaretz, il gabinetto di sicurezza di Benjamin Netanyahu ha approvato all’unanimità un piano per espandere le operazioni militari nella Striscia di Gaza, consentire l’ingresso di aiuti umanitari e affidarne la distribuzione ad aziende private, così da evitare che Hamas possa servirsene per fare propaganda o finanziarsi.
Un progetto politico che prevede esplicitamente – come sottolinea il Times of Israel, citando un funzionario israeliano anonimo – la “conquista di Gaza e il controllo dei territori per un lungo periodo”, nonché lo spostamento forzato dei civili palestinesi verso sud, per lasciare campo libero all’esercito israeliano (IDF), che potrà così concentrarsi sugli attacchi ai miliziani del movimento terroristico palestinese. A chiarire ulteriormente i contenuti del piano è stato il ministro della Cultura Miki Zohar, esponente del partito Likud, secondo cui l’obiettivo finale è “la completa occupazione della Striscia di Gaza”. Zohar ha ammesso che “una mossa del genere mette in pericolo quanti rimangono prigionieri, ma non c’è altra scelta”.
La speranza, secondo il ministro, è che alla luce di questa decisione “Hamas possa rendersi conto di non avere altra via se non quella di liberare gli ostaggi e lasciare Gaza”. Timori per la sorte degli ostaggi sono stati espressi anche dal capo di Stato maggiore israeliano, Eyal Zamir, che ha avvertito i ministri: la nuova operazione, e l’inevitabile escalation, “potrebbe comportare la perdita degli ostaggi”, poiché Hamas, messo con le spalle al muro, potrebbe arrivare a giustiziarli.
Netanyahu tira dritto: pronto il piano di occupazione di Gaza
Decisioni che hanno allarmato la comunità internazionale. Le Nazioni Unite hanno respinto il piano Netanyahu, rilevando diverse criticità. In primo luogo, l’occupazione rischia di preludere a un’annessione dei territori. Ma le critiche più forti riguardano la gestione degli aiuti umanitari, che – secondo l’ONU – “viola i principi umanitari fondamentali e sembra concepita per rafforzare il controllo sui beni di prima necessità, come tattica di pressione all’interno di una strategia militare”.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite e il Coordinatore dei Soccorsi di Emergenza hanno chiarito: “Non parteciperemo ad alcun programma che non rispetti i principi umanitari globali di umanità, imparzialità, indipendenza e neutralità nei territori palestinesi occupati”. Anche i responsabili delle agenzie ONU e delle ONG facenti capo all’Humanitarian Country Team hanno ribadito all’unanimità questa posizione, precisando che “l’azione umanitaria risponde ai bisogni delle persone, ovunque si trovino”.
Il comunicato si chiude con un appello ai “leader mondiali affinché usino la loro influenza per impedire l’attuazione di questo piano”. Un progetto politico, quello proposto da Tel Aviv, che non trova il consenso nemmeno del Forum delle Famiglie degli Ostaggi, che ha duramente criticato Netanyahu accusandolo di anteporre obiettivi territoriali alla liberazione dei prigionieri: “La decisione del governo dimostra chiaramente che sta scegliendo i territori al posto degli ostaggi, contrariamente alla volontà della maggioranza del popolo”.
Critiche sono arrivate anche dai parlamentari del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, secondo cui “il governo Netanyahu ha gettato la maschera, decidendo di rioccupare permanentemente la Striscia con il piano di cacciare la sua popolazione. Si tratta di una conquista territoriale illegale che non ha più nulla a che vedere con il salvataggio degli ostaggi – condannandoli a morte certa, come denunciato dagli stessi vertici dell’esercito israeliano – e che non porterà maggiore sicurezza a Israele, ma solo una nuova escalation”.
Sale la tensione tra Israele e Iran
A peggiorare la situazione, nelle ultime ore il conflitto mediorientale rischia di allargarsi, coinvolgendo anche l’Iran. Netanyahu, ritenendo che i recenti attacchi degli Houthi siano stati organizzati e promossi dal regime iraniano, ha dichiarato che “Israele risponderà all’attacco degli Houthi contro il nostro aeroporto principale e, in un momento e in un luogo di nostra scelta, ai loro padroni del terrore iraniano”.
Parole infuocate che hanno allarmato Teheran, la quale ha smentito ogni coinvolgimento nelle operazioni militari dei ribelli yemeniti, e ha ammonito Netanyahu che, in caso di attacco, “la risposta sarà durissima”.