Non c’è lavoro ma il governo ci illude ancora

di Gaetano Pedullà

Fossimo un Paese dove chi non funziona si fa da parte, il ministro del Lavoro Enrico Giovannini avrebbe già fatto le valigie. Il numero dei disoccupati in Italia passa da un record negativo all’altro, non abbiamo mai avuto tanti giovani scoraggiati, ma il governo continua a far finta di niente. Anzi, proprio ieri, a ridosso degli ultimi dati drammatici sulla disoccupazione, il premier ha annunciato per la centesima volta che nel 2014 torneremo leader in Europa. Ci scusi presidente Letta se non le crediamo nemmeno un po’. E siccome una certa diffidenza va argomentata, potremmo spiegarle che persino un giovane giornale come La Notizia, così come migliaia di altre imprese in qualunque settore, già domani mattina assumerebbe volentieri qualche nuovo collaboratore. Purtroppo invece non assumiamo, come non assume più nessuno, per tre fondamentali motivi. Il primo è che il cuneo fiscale e contributivo è spaventoso, ma questo si sa. La seconda ragione, e di questo si parla meno, è che anche il costo del personale, previsto da contratti firmati in un’altra era economica, non è più minimamente sostenibile. Terzo motivo, infine, è che norme superate e assurde tutelano all’inverosimile persino i dipendenti più scorretti e improduttivi, costringendo qualunque imprenditore a pensarci mille volte prima di fare un contratto a chicchessia. Ora sappiamo bene come la pensano i sindacati e come in alcuni settori si sia consentita una precarizzazione infinita del lavoro. Sappiamo bene come chi sta fuori dal recinto dei contratti a tempo indeterminato viene spremuto in modo barbaro. Ma una volta che il lavoratore ottiene le giuste garanzie di un’assunzione, le imprese diventano ostaggio. E chi dice che la flessibilità in uscita è sufficiente o è in malafede o non sa di che parla. Dunque se vogliamo abbattere la disoccupazione non c’è che una strada: diminuire la contrattazione nazionale e aumentare quella aziendale, liberalizzare e smetterla con i giudici che danno sempre e comunque ragione ai dipendenti, anche quando sono palesemente fannulloni. Fare cioè l’esatto contrario di quello che chiedono i sindacati. Se continuiamo ad accontentarli, non lamentiamoci più se però la disoccupazione aumenta.