Nubi sull’organo che decide. I senatori rivedono i loro vitalizi. Nella Commissione contenziosa c’è pure Santaroni. Finì nei guai (prosciolto) per corruzione e bancarotta

Vitalizi, al Senato ricomincia la giostra. Con la nomina di Alessandra Riccardi e Sabrina Ricciardi, M5S, la Commissione contenziosa è a pieni ranghi e può tornare a lavorare. Sul tavolo, ha sempre i 711 ricorsi che avrebbero dovuto essere esaminati il 4 novembre ma sono saltati per le dimissioni dei due precedenti membri stellati, Elvira Evangelista e Francesco Castiello. Dimissioni che potrebbero essere replicate in qualsiasi momento anche dai nuovi eletti, tenendo in scacco la Contenziosa sine die.

UNA GRANA TIRA L’ALTRA. I 5 Stelle, si sa, vedono i ricorsi contro i tagli ai vitalizi come il fumo negli occhi, anche per il colossale conflitto di interessi che regna in commissione e che La Notizia ha reso pubblico: “Uno strano giro di amicizie che ci preoccupa rispetto all’imparzialità del giudizio”, aveva confessato Paola Taverna. Su cinque membri effettivi, ben due – il presidente Giacomo Caliendo, FI, e Cesare Martellino, ex rappresentante italiano a Eurojust scelto da FI – sono infatti legati da lunga amicizia all’ex ministro Nitto Palma, firmatario di uno dei ricorsi (ritirato dopo l’articolo) e attuale capo gabinetto della presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, colei che ha effettuato le nomine.

Comprese quelle dei supplenti non senatori, Marianna De Cinque e Mario Santaroni, due avvocati che, come Martellino e Palma, riportano ai tempi della prima Repubblica. La matrimonialista De Cinque è infatti figlia di Germano De Cinque, un vecchio parlamentare della Dc abruzzese che faceva capo a Remo Gaspari. L’ex senatore è scomparso a luglio lasciando alla vedova, dopo 5 legislature tra Camera e Senato, un discreto vitalizio su cui la figlia potrebbe ora trovarsi a giudicare. Santaroni è invece un esperto di diritto fallimentare, docente alla Bicocca di Milano, che si è occupato di grandi crac come Cirio, Acqua Marcia, Titanus, Agile. Oggi vanta pure clienti di livello internazionale, ma negli anni ‘80 e ‘90 a frequentare il suo studio in via Cassia erano molti protagonisti dell’inciucio capitolino, come l’andreottiano Giuseppe Ciarrapico, futuro senatore pluricondannato, o Michele Di Ciommo, il “notaio della banda della Magliana”, condannato proprio col “Ciarra” per il crac della Casina Valadier.

SULLA CRESTA DELL’ONDA. Lo studio del notaio in lungotevere dei Mellini era un crocevia della Roma politica, della finanza e dei grandi affari. Con 30 dipendenti, riusciva a gestire fino a 5 mila pratiche al mese. E proprio Di Ciommo, davanti al pm Ilda Boccassini, nel maggio 1996 ha parlato delle mazzette distribuite al tribunale fallimentare e in procura, mettendo agli atti di aver consegnato a Santaroni, suo legale da oltre dieci anni, prima 200 milioni (“i soldi servivano per i magistrati” che si stavano occupando di lui per il crac Sgarlata), poi altri 100 (per i periti). Testimonianza credibilissima, secondo il pool Mani Pulite, visto l’oliato sistema che a Roma “aggiustava” le sentenze: erano gli anni del lodo Mondadori, del caso Imi-Sir, di Cesare Previti.

Ma nel 2001 il gip di Perugia è stato di parere diverso. Prosciolto Santaroni per il primo episodio, per il secondo è scattata la prescrizione. Nel 2006, un nuovo inciampo a Brescia: una condanna a 5 anni e un mese per la bancarotta Italcase in cui era consulente, pena annullata in appello nel 2009 ma confermata, ridotta a un anno, per un collega di studio. Da allora Santaroni è tornato alla ribalta delle cronache solo per il contestatissimo mega-parcheggio che sta costruendo, con fondi Ue, nei pressi di un albergo che possiede a Ischia. Oggi, a quasi 75 anni, anche per i vitalizi.