Omicidio Tatarsky, la Trepova confessa

Darya Trepova ha confessato ai Servizi di sicurezza russi di aver portato la statuetta-bomba nel bar di San Pietroburgo dove si trovava Tatarsky.

Omicidio Tatarsky, la Trepova confessa

“Ho portato una statuetta lì dentro, che è esplosa”. Sono queste le poche parole che Darya Trepova ha pronunciato davanti a chi le stava contestando di aver compiuto l’attentato che domenica ha ucciso, in un bar di San Pietroburgo, il blogger militare e attivista russo, Maksim Fomin, alias Vladlen Tatarsky, e ferito una quarantina di persone che stavano assistendo a un evento a favore della guerra in Ucraina.

Darya Trepova ha confessato ai Servizi di sicurezza russi di aver portato la statuetta-bomba nel bar di San Pietroburgo dove si trovava Tatarsky

La 26enne, laureata in medicina, già arrestata durante le prime contestazioni contro l’invasione russa, ha confessato ai Servizi di sicurezza di Mosca quello che un video mostrava molto nitidamente: una ragazza con un lungo cappotto che entra allo “Street Food Bar N° 1” con un pacco tenuto tra le braccia. Dentro c’era la statuetta, raffigurante lo stesso Tatarsky, che in realtà celava un micidiale ordigno, confezionato con circa 200 grammi di Tnt, che poco dopo è esploso.

“L’attentato ha coinvolto agenti che collaborano con la cosiddetta Fondazione anticorruzione di Navalny”

L’antiterrorismo di Mosca, dopo aver cercato altre conferme, scandagliando il passato della ragazza e i suoi contatti, non ha dubbi: l’azione terroristica compiuta da Trepova è stata ispirata da Kiev e ha ricevuto il sostegno di “agenti” della Fondazione anticorruzione dell’oppositore russo Alexei Navalny. “È stato stabilito che l’attacco terroristico al giornalista Vladlen Tatarsky è stato pianificato dai servizi di sicurezza ucraini e ha coinvolto agenti che collaborano con la cosiddetta Fondazione anticorruzione di Navalny, di cui la detenuta Trepova è un’attiva sostenitrice”, si legge nel comunicato del Comitato nazionale antiterrorismo russo. Ne è convinto anche il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo cui “il regime di Kiev sostiene azioni terroristiche” ed è per questo che è in corso “l’operazione militare speciale in Ucraina”. E ancora: “Questo regime è dietro l’assassinio di Darya Dugina e molto probabilmente dietro l’assassinio di Fomin”.

Zelensky: “Non penso a quello che succede a San Pietroburgo”

Da Kiev risponde il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky: “Non penso a quello che succede a San Pietroburgo o a Mosca, deve pensarci la Russia. Io penso al nostro Paese”. E nega un coinvolgimento nell’azione anche la Fondazione di Navalny. “Ovviamente, non siamo coinvolti”, ha detto il socio dell’oppositore, Ivan Zhdanov, aggiungendo che l’accusa è un tentativo di prolungare la pena detentiva di Navalny. Per Zhdanov Mosca ha bisogno “non solo di un nemico assoluto esterno sotto forma dell’Ucraina, ma anche di uno interno sotto forma della squadra di Navalny”.

Il bar dove è stato compiuto l’attentato è di proprietà di Yevgeny Prigozhin, il magnate legato a Putin e fondatore della “Wagner”, la compagnia militare privata russa di cui il blogger Tatarsky era simpatizzante. Prigozhin, tuttavia, non crede che l’azione compiuta nel suo locale sia riconducibile al governo di Kiev, piuttosto a un gruppo di estremisti.

Per quanto se ne sa, Darya Trepova è vicina alla Fondazione di Navalny e insieme a suo marito, Dmitrij Rylov, era stata arrestata per aver partecipato alle proteste organizzate nelle prime fasi del conflitto in Ucraina. La scorsa settimana la 26enne ha raccontato agli amici che stava per lasciare San Pietroburgo, per recarsi in Turchia, indicando però l’Ucraina come tappa finale. Darya – ha affermato il marito a The Insider – ha detto di essere stata incastrata, e io sono completamente d’accordo: nessuno se lo aspettava. Per quanto ne so, era necessario consegnare questa statuetta, in cui c’era qualcosa… Ne abbiamo parlato almeno due volte. Darya, in linea di principio, non è il tipo di persona che potrebbe uccidere qualcuno”.

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