Ora il Movimento 5 Stelle chiede conto dell’Alfanopoli al Viminale. Arriva l’interrogazione di Riccardo Nuti

Riccardo Nuti (M5S) presenta, dopo le inchieste de La Notizia, un'interrogazione sulle "allegre" consulenze al Viminale affidate da Angelino Alfano.

L’Alfanopoli sbarca in Parlamento. Ma questa volta non per un’altra (l’ennesima) assunzione al Viminale o nel Nuovo Centrodestra, ma perché, dopo le inchieste de La Notizia sulle consulenze “allegre” affidate da Angelino Alfano, a rivolgere qualche quesito al ministro è Riccardo Nuti. Il parlamentare del Movimento 5 Stelle, infatti, ha presentato un’interrogazione rivolta proprio al titolare del Viminale per capire, legittimamente, quali siano le competenze di coloro che beneficiano di incarichi ministeriali.

Nell’atto che Nuti ha consegnato al sindacato ispettivo, si fanno i nomi di Mauro Patti, testimone di nozze di Alfano e che, come denunciato dal nostro giornale, gode di un contratto al Viminale da 65mila euro per occuparsi di “miglioramento dell’efficienza dei centri di accoglienza”. Ma non basta. Perché nella dettagliata interrogazione, si fa cenno anche a Ivan Paci, altro uomo di Alfano, “premiato” con una consulenza da 41mila euro, dopo aver tentato la corsa al comune di Canicattì (provincia di Agrigento): dopo essere stato trombato, è stato subito “ripescato” al ministero dell’Interno. Ma non basta. Perché, tra gli altri, si menziona anche Massimo Ferrarese, ex presidente della provincia di Brindisi che, candidatosi con Ncd alle ultime elezioni europee, dopo la sconfitta elettorale è stato prontamente nominato Presidente di Invimit Sgr, società del ministero dell’Economia.

BATTAGLIA – Insomma, chi più ne ha, più ne metta. “Quanto emerge da alcuni recenti articoli di giornale – dice lo stesso Nuti al nostro giornale – getta luce su una lunga serie di incarichi, ben remunerati, conferiti ad amici e parenti di Alfano, anche presso il suo ministero”. Ed è proprio “per sapere su quali basi sono stati conferiti questi incarichi” che Nuti ha presentato l’interrogazione. Ma il pentastellato insiste: “Non è concepibile che per lavorare ai massimi livelli della nostra Pubblica Amministrazione sia obbligatorio vantare conoscenze dirette con ministri o capi partito mentre centinaia di migliaia di giovani ogni anno non riescono a trovare un adeguato sbocco lavorativo nonostante anni di formazione universitaria e professionale”. D’altronde anche La Notizia, a suo tempo, l’aveva scritto: dopo il fallimento del Jobs Act renziano, bisogna però dire che quello di Alfano, di Jobs Act, è funziona. Eccome se funziona.

Tw: @CarmineGazzanni