Pansa punge l’esecutivo: su Ansaldo ci dica che fare

di Cinzia Meoni

Su Finmeccanica è giunta l’ora che il governo si decida. A dirlo a chiare lettere, in un’audizione presso la commissione Difesa della Camera, è stato ieri Alessandro Pansa, amministratore delegato del colosso della difesa tricolore alle prese da mesi con un impegnativo piano di ristrutturazione che però non riesce ad andare avanti. Il piano infatti passa, o almeno dovrebbe, da una serie di cessioni, rimaste per ora sulla carta. I sindacati protestano e chiedono la discesa in campo dell’onnipresente Cdp, il Tesoro (azionista di riferimento del gruppo con il 32% del capitale) tentenna e, così facendo, mette in fuga gli acquirenti.

Il business civile
Da mesi si ricorrono voci sull’avanzata straniera per Ansaldo Energia (nel mirino della coreana Doosan a seguito dell’abbandono, dopo mesi di infruttuose trattative, da parte dei tedeschi di Siemens), Ansaldo Breda (la giapponese Hitachi) e Ansaldo Sts (l’americana Ge). E contemporaneamente, dopo qualche “doveroso” cenno alla difesa dell’ “italianità” delle singole imprese, il mercato torna a guardare la Cassa depositi e prestiti o il Fondo Strategico come possibili cavalieri bianchi in arrivo. Ma così facendo, per Finmeccanica è impossibile portare avanti il piano industriale e muoversi quindi in una qualche direzione.

Il quadro
“Oggi Finmeccanica è presente nell’aerospazio e in difesa in troppi settori. C’è un’eccessiva diversificazione, dobbiamo scegliere in quali settori investire di più e cercare la leadership” ha sostenuto il manager. Insomma il Tesoro deve decidersi a prendere posizione su dove investire. Su Agusta Westland, ad esempio: la società di elicotteri è prima per profittabilità, ma ha bisogno di crescere all’estero per conquistare la leadership in Europa, visto che il mercato italiano è saturo. E una volta deciso deve lasciare che la società prenda la sua strada anche attraverso le cessioni previste. I tentennamenti non fanno di certo bene al gruppo che infatti, ha chiuso il semestre con un rosso di 67 milioni di euro (da un utile di 62 milioni registrato un anno prima) su 7,95 miliardi di fatturato (-1%) e un debito finanziario netto in salita da 4,6 a 4,92 miliardi.