Per la comunicazione Letta non bada a spese. La schiera di dirigenti alla corte del Premier. Tutti in lotta per i contratti migliori che arrivano a 150.000 euro l’anno

di Enrico Primo

E chi se lo sarebbe mai aspettato un portavoce boy scout? A Palazzo Chigi erano stati abituati a tutto, comprese a certe signorine che sbucavano di stanza in stanza ai tempi del prode Berlusconi. Ma una regola non scritta, ed imposta dal rigido cerimoniale interno, impone ai collaboratori più stretti de Presidente del Consiglio di venire in ufficio in completo, possibilmente scuro, e con tanto di cravatta abbinata a tono. E invece Gianmarco Trevisi, giornalista in aspettativa da Radio Rai, fedelissimo di Enrico Letta, ha stupito un po’ tutti. Il giorno del passaggio di consegne, lo scorso 28 aprile, è entrato al primo piano, quello nobile di Palazzo Chigi, con scarpe sportive, jeans scuri e senza cravatta. Ma la cosa più anomala, e che ha fatto mettere di traverso il cerimoniale, è stato l’atteggiamento del neo portavoce anche nel primo tour europeo di Letta a Berlino, Parigi, Bruxelles. Al punto che, non senza imbarazzo, il ministro Cristiano Gallo, diplomatico di lungo corso, prima alla corte di Silvio Berlusconi, poi confermato e promosso in quella di Mario Monti, avrebbe imposto allo stretto collaboratore del premier almeno l’utilizzo della cravatta, perché non “si può andare dalla signora Merkel e dare l’impressione di essere in libera uscita”.

Trevisi non ha protestato ma ho continuato a mantenere questo stile da boy scout anche nei giorni a seguire, fedele al suo modo di essere trasparente e non attaccato a stanchi rituali.
Un modo di agire che ha mantenuto anche nella riorganizzazione del’ufficio stampa. Con Monica Nardi, un passato alla organizzazione del Festival di Vedrò il pensatoio-network di Enrico Letta, oggi nel ruolo di capo ufficio stampa, ha fatto accomodare all’uscio i collaboratori più vicini ad Elisabbetta Olivi, la portavoce di Mario Monti e ha voluto al suo fianco un post letteram-lettiano come Fabrizio Dell’Orefice che dai trascorsi di stampa missina, prima con Mario Landolfi poi con Adolfo Urso, si è riscoperto lettiano e fedele alla linea del rinnovamento. E non basta.

L’ufficio è pronto ad una invasione di dirigenti tanto autorevoli quanto certamente lautamente pagati. Come il professor Filippo Andreatta, figlio di Beniamino storico e indimenticabile leader della Democrazia Cristiana, Stefano Grassi compagno di Università del neo premier e funzionario di casa a Bruxelles, Luigi Ferrara, già capo della segreteria del ministro Patroni Griffi alla Funzione Pubblica, fino al pisano Fabrizio Pagani con un passato di tutto rispetto all’Ocse e già capo di gabinetto di Letta durante il governo Prodi.
Tutti dirigenti in lotta per la prima fascia di Palazzo Chigi, quella che stacca l’assegno più alto, oltre i centocinquantamila euro lordi annui a capoccia. E che nessun boy scout, vero e presunto tale, può fermare.