Perfino da zombie gli enti inutili bruciano soldi

di Fausto Tranquilli

Eliminare un ente, per quanto inutile, in Italia non è mai semplice. Le resistenze a poltrone che saltano e affari che sfumano sono enormi. E anche quando viene staccata la spina a qualche apparato lo stesso in qualche modo sopravvive e continua a succhiare denaro. Se poi chi dovrebbe gestire tali processi resta inerte, perde tempo o pasticcia il risultato è il caos. Lo specifica sempre la Corte dei Conti, nel rapporto sui correttivi adottati dalle amministrazioni dello stato sottoposto a controllo per come hanno gestito le loro risorse nel 2012.

Pubblici e immortali
Non è un caso che l’aspetto più spinoso del dossier trasmesso alle Camere è quello sullo stato di attuazione del processo di soppressione e incorporazione di enti pubblici tagliati con la legge del 2010 sulla stabilizzazione finanziaria ed economica. Il Governo Berlusconi IV, per far fronte alle difficoltà in cui si dibatteva e continua a dibattersi il Paese, varò un pacchetto di tagli. Venne così decisa l’eliminazione di alcuni enti ritenuti inutili. Un taglio non proprio netto, visto che il personale di quelle strutture sarebbe stato riassorbito dai vari Ministeri e che quest’ultimi avrebbero anche svolto le funzioni degli organismi soppressi. Ma sicuramente un risparmio notevole. A distanza di quattro anni la morte di molte strutture non è ancora stata decretata. In qualche modo sopravvivono.

Stato ghiro
Il problema principale riscontrato dai magistrati contabili è stato quello dei soliti ritardi da parte dello Stato. Anche quando viene approvata una legge, quando vengono fatti studi e messi a punto sistemi per cambiare l’organizzazione di un determinato settore, prima di dare applicazione alle norme passa un’infinità di tempo. E il risultato che si voleva raggiungere con un certo provvedimento viene vanificato. Abbiamo “rilevato – evidenziano i giudici – diffusi ritardi con cui le amministrazioni subentranti inseriscono negli atti programmatici dei propri obiettivi quelli relativi alle funzioni di nuova acquisizione o allo stesso iter di passaggio”. E’ capitato così che lo Stato ha continuato a pagare affitti di immobili che non servivano più, che ha dimenticato di incassare il denaro fermo sui conti correnti degli enti soppressi e che diversi dipendenti sono rimasti a girarsi i pollici pur essendo regolarmente pagati.

Troppe storture
Le indagini hanno riguardato sette enti da sopprimere. L’Ente italiano montagna, che si occupava dello sviluppo dei territori montani e che è stato assorbito dalla Presidenza del consiglio dei ministri, ha continuato a mantenere partecipazioni societarie, che poi Palazzo Chigi ha cercato di cedere ad alcune università. L’ente teatrale italiano, di cui il Mibac ha preso il posto, per la Corte dei Conti rischia addirittura di costare di più da morto che da vivo. Per quanto riguarda l’Isae, il Mef ha deciso di utilizzare la metà dei ricercatori di quell’istituto all’Istat e per la Corte dei Conti vi è così incertezza sulla “disponibilità di risorse umane”. L’Ages, dopo il via libera all’eliminazione, è rimasta in una gestione transitoria e alla fine gli istituti si sono duplicati: ne dovevano eliminare uno e ne vanno avanti due. Senza contare che sono stati bloccati concorsi già avviati per delle assunzioni e chi vi ha partecipato è stato lasciato nel limbo. Tanti dubbi sull’uso del personale e nessuna rendicontazione di spesa per l’Ipi. Caos infine per il Comitato di collegamento tra Governo e Fao e per il Centro formazione in economia delle sviluppo rurale, dove è stato mantenuto un rapporto di collaborazione con l’ex direttore generale, anche se non ha più nulla da dirigere. A mancare nella liquidazione di tali enti e nell’assorbimento delle loro funzioni da parte dei Ministeri sono stati poi un serio controllo e obiettivi precisi. Un po’ lo stesso problema riscontrato analizzando i risultati della valorizzazione del patrimonio culturale, dove la Corte dei Conti ha scoperto troppe consulenze e doppi studi. O nel controllo sul comitato permanente di consulenza globale e garanzia per le privatizzazioni. L’indirizzo dato dal Comitato quando si è trattato di privatizzare Telecom ed Enel, due colossi? Nessuno.