Pierluigi Torregiani, chi era? La vera storia del film “Ero in guerra ma non lo sapevo”

Pierluigi Torregiani, chi era? La vera storia dell’omicidio del gioielliere milanese raccontata nel film “Ero in guerra ma non lo sapevo”.

Pierluigi Torregiani, chi era? La vera storia del film “Ero in guerra ma non lo sapevo”

Pierluigi Torregiani, chi era? La vera storia dell’omicidio del gioielliere e orologiaio milanese raccontata nel film “Ero in guerra ma non lo sapevo”.

Pierluigi Torreggiani, chi era il gioielliere di Milano ucciso durante gli anni di piombo?

Il film “Ero in guerra ma non lo sapevo”, trasmesso in prima serata su Rai 1 mercoledì 16 febbraio, racconta l’omicidio del gioielliere Pierluigi Torregiani (interpretato da Francesco Montanari) da parte del gruppo terroristico di estrema sinistra dei PAC (Proletari Armati per il Comunismo), a Milano, nel pieno degli anni di piombo.

La pellicola andrà in onda nell’anniversario dell’uccisione del gioielliere, assassinato il 16 febbraio 1979 durante un agguato organizzato da tre membri dei PAC dinanzi al suo negozio. Nello specifico, i tre uomini responsabili dell’omicidio erano Giuseppe Memeo, Sebastiano Masala e Gabriele Grimaldi.

Prima di essere ucciso, il gioielliere e orologiaio Pierluigi Torregiani era titolare di un piccolo esercizio situato in via Mercatini, nel quartiere della Bovisa, nella periferia nord di Milano. L’uomo era particolarmente attivo nella vita pubblica e sociale della sua comunità e, infatti, la sera prima di essere assassinato aveva presenziato a una cena durante la quale era stato assegnato il Premio Saracinesca d’Argento al portiere del Milan Enrico Albertosi. Inoltre, Torregiani aveva ricevuto dal sindaco di Milano, Carlo Tognoli, l’Ambrogino d’oro in forma di Attestato di Civica Benemerenzaper il suo impegno sociale e la sua filantropia.

Il gioielliere era malato di tumore polmonare e, per curarsi, frequentò l’ospedale milanese dove conobbe Teresa, una vedova madre di tre figli. Alla morte della donna, Pierluigi Torregiani e sua moglie decisero di adottare i tre bambini: Anna, Marisa e Alberto.

Antefatto: la tentata rapina e l’accanimento della stampa

In seguito a un’esposizione di gioielli presso una tv privata, nella serata del 22 gennaio 1979, il gioielliere subì un tentativo di rapina messo in atto da alcuni furfanti mentre stava cenando al ristorante Il Transatlantico con alcuni amici e familiari. Al tentativo di rapina, Torregiani e uno dei suoi ospiti armato reagirono, dando origine a una colluttazione e un conflitto a fuoco che causò la morte del rapinatore Orazio Daidone e di un cliente del locale, il commerciante catanese Vincenzo Consoli. Altre persone, invece, rimasero ferite, compreso il gioielliere.

Per Alberto Torregiani, figlio del defunto Pierluigi, i PAC scelsero di assassinare il padre in quanto diffamato dalla stampa locale dopo l’accaduto e descritto come un “giustiziere” e uno “sceriffo contro gli espropriatori proletari”: “Non servì a nulla la lettera di rettifica che mio padre mandò alla Notte e a la Repubblica, che lo avevano descritto come un cacciatore di teste a caccia di rapinatori”.

Per il membro dei PAC Cersare Battisti, Pierluigi Torregiani era considerato alla stregua di Lino Sabbadid, altra vittima dei terroristi. Entrambi, infatti, erano visti come “uomini di destra che praticavano autodifesa, che andavano sempre armati (una specie di milizia), giustizieri di estrema destra e della controguerriglia, praticante la giustizia sommaria”.

Omicidio Pierluigi Torregiani, la vera storia del film “Ero in guerra ma non lo sapevo”

Il 16 febbraio 1979, quindi, i membri dei PAC Giuseppe Memeo, Gabriele Grimaldi e Sebastiano Marsala realizzarono un agguato al gioielliere mentre stava aprendo il negozio insieme ai suoi figli. Anche in questa circostanza, Torregiani tentò di reagire ma venne ferito da Memeo e ucciso con un colpo alla testa esploso da Grimaldi. Nella sparatoria rimase gravemente ferito anche il 15enne Alberto Torregiani che, colpito alla colonna vertebrale, è divenuto paraplegico a seguito dell’evento.

Terminato l’agguato, i tre PAC si diedero alla fuga ma vennero rintracciati dalle forze dell’ordine e condannati: Giuseppe Memeo e Gabriele Grimaldi vennero riconosciuti come esecutori materiali mentre Sebastiano Masala come concorrente.