Poletti ministro in fuorigico. Sul calcetto però fa gol: in Italia così fan tutti, soprattutto una certa sinistra

L’assist è ghiotto, prendendo in prestito la metafora calcistica: Giuliano Poletti è finito in fuorigioco. Ma quanta ipocrisia

L’assist è ghiotto, prendendo in prestito la metafora calcistica: Giuliano Poletti è finito in fuorigioco. E il problema è che come attaccante non funziona granché: più di una volta è stato pescato in offside. Tanto che non si può biasimare chi invoca la sua sostituzione. “Il rapporto di fiducia è un tema sempre più essenziale. Si creano più opportunità giocando a calcetto che a mandare in giro i curricula”, ha scandito il ministro del Lavoro di fronte a una platea formata interamente da studenti.  La prima lezione che si ricava da questa vicenda è l’importanza di avere un valido consulente di comunicazione. Perché letta così sembra un inno alla raccomandazione o alla totale adulazione del datore di lavoro.

POLETTI E IL CALCETTO, ECCO COSA NE PENSANO I RAGAZZI CHE GIOCANO

Precisazione – D’altra parte la precisazione offre un quadro diverso e perfino più condivisibile: “Ho sottolineato l’importanza di un rapporto di fiducia che può nascere e svilupparsi anche al di fuori del contesto scolastico. E quindi dell’utilità delle esperienze che si fanno anche fuori dalla scuola”. Tradotto: è sbagliato dire che bisogna costruire un rapporto fiduciario sul posto di lavoro? È scontato che la risposta sia superflua. Ma con un’aggiunta necessaria: bisogna cementarlo con la capacità prima di tutto. E in questo grande vociare, la posizione più condivisibile è stata espressa dal capogruppo di Forza Italia al Senato, Paolo Romani: “La frase era infelice ma da lì a chiedere le dimissioni. Che poi Poletti abbia un abuso di battute infelici è sicuramente una verità”. Continuando sull’onda della metafora calcistica, Poletti va quindi reintegrato in squadra come se nulla fosse? Nient’affatto. La sua specialità a combinare pasticci è un’altra storia.  Da quando ha ottenuto la poltrona ministeriale è finito più di una volta nella bufera. Segno che ha sbagliato più di qualcosa. Ma per il resto i guaiti e gli strepiti che si sono sollevati risultano lontano dalla realtà italiana. Certo non è la cosa più giusta, ma il presunto primato del merito esiste soltanto nei programmi elettorali e negli slogan da sbandierare per far incetta di qualche voto. Così, che piaccia o meno, il rapporto di conoscenza, sviluppato all’ipotetica partita di calcetto (o all’aperitivo post lavoro), diventa un fattore decisivo per avviare un percorso lavorativo proficuo. E, con buona pace dell’utopia, finisce per scavalcare pure la candidatura attraverso un curriculum vitae con lettera di presentazione precompilata.

Soldi spesi – Un altro aspetto si fa largo: un giovane che si iscrive a un Master di prestigio per quale ragione decide di sobbarcarsi un costo così importante? Ovvio, per dare peso al proprio curriculum. Ma anche, e soprattutto, per poter costruire delle relazioni con profili professionali di primo piano. Del resto non è un caso la differenza tra un corso a prezzo abbordabile e un altro che invece richiede un investimento importante. Che quasi verrebbe da dire: magari bastasse una partita di calcetto.