Presidente e Ad indifendibili. In Finmeccanica si cambia tutto. Nel polo dell’aerospazio c’è forte malessere. I manager e i loro lobbisti però provano a resistere

La tentazione di presentare con un po’ di anticipo le liste del Tesoro per i Cda delle partecipate pubbliche resta, ma le fibrillazioni nella maggioranza giallorossa potrebbero spostare ancora gli equilibri. Nessuno dimentica che Renzi lasciò il Pd esattamente il giorno dopo il varo del Governo Conte 2, portando così alla sua Italia viva due dei ministri in quota dem. Uno schema possibilmente da non ripetere, perché saprebbe di beffa accordargli decine di poltrone e poi vederlo andare all’opposizione. Quindi bisogna armarsi di pazienza, e nonostante il premier ieri a Bruxelles abbia detto di non appassionarsi al tema delle nomine, di appassionati ce n’è quanti se ne vuole. E Palazzo Chigi non fa eccezione.

Dopo aver visto cosa bolle in pentola in Eni ed Enel, proseguiamo ora con Finmeccanica Leonardo, non senza aver aggiunto che in questo quadro politico fluido pesano molto la credibilità e i risultati raggiunti dai manager, e pertanto in Enel potrebbe trarne giovamento, in ottica di una riconferma, la presidente Patrizia Grieco, alla quale viene riconosciuto un eccellente lavoro sulla corporate governance, tanto da essersi guadagnata la nomina a presidente del Comitato di corporate governance di Borsa italiana (che ha appena varato il nuovo codice di autodisciplina delle società quotate, che ha come perno la sostenibilità) e la vicepresidenza di Assonime.

IL NODO. Lo stesso discorso non può applicarsi però a Finmeccanica Leonardo, dove i passi avanti sul piano del bilancio non rimuovono l’incompatibilità del presidente e dell’Ad per un nuovo mandato. A rendere indifendibile il presidente Gianni De Gennaro è il ruolo di capo della polizia che ricopriva durante i fatti del G8 di Genova. Il blitz nella scuola Diaz è stato giudicato anche a livello europeo un atto di tortura, e se tutto ciò era indifferente ai Governi di Renzi e Gentiloni che l’hanno nominato, per un Esecutivo targato M5S e Pd la questione non si pone nemmeno. O per lo meno, non si dovrebbe porre. De Gennaro è infatti super protetto dal Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, ma anche da un costoso – tanto paga Finmeccania! – sistema lobbistico, che gira attorno a Paolo Messa. Proprio quest’ultimo garantisce appigli da Gianni Letta al ministro 5 Stelle Vincenzo Spadafora, ed è l’emblema perfetto di quella auto-conservazione del potere contro il quale è nato il Movimento.

De Gennaro però non demorde, e il suo nome circola persino per la presidenza di altre aziende pubbliche. Punta alla conferma pure l’Ad Alessandro Profumo, per molti anni dominus di Unicredit, e poi passato alla presidenza del Monte dei Paschi di Siena. Prima ancora che per gli strascichi giudiziari collezionati, a rendere tuttora incomprensibile la sua nomina fatta da Gentiloni è il profilo decisamente finanziario, mentre il nostro maggiore Gruppo industriale dell’aerospazio avrebbe bisogno di ingegneri e uomini di prodotto, con cui recuperare i mercati esteri perduti. Per capire cosa si pensa di Profumo nella stessa azienda, si può chiedere ai dipendenti del sito di Sestri ponente o di Brindisi, che hanno scioperato più volte contro la delocalizzazione in Polonia.

Parallelamente non è decollata la fusione con Fincantieri, né alcun altro progetto strutturale, ma si prospetta la partecipazione a un consorzio a trazione britannica per costruire il nuovo costoso caccia militare Tempest. Proprio l’operazione che mancava dopo il salasso degli F-35 americani, e questa volta con in più l’incognita della Brexit. Per tutti questi motivi Finmeccanica Leonardo pare destinata a un radicale cambiamento dell’attuale governance, peraltro molto esposta verso la Lega e in particolare Giancarlo Giorgetti, ormai però all’opposizione. Di questo vorrebbe approfittarne il neo Ad di invitalia Domenico Arcuri, dove per “neo” si intende che è stato appena rinnovato da Conte, ma in realtà occupa la poltrona dell’ex Sviluppo Italia dal 2007. Una tale operazione, semmai andasse in porto, libererebbe la casella dell’istituto di via Calabria, dove potrebbe salire un nome – anzi un cognome – di indiscutibile peso: quello di Bernardo Mattarella, attualmente a capo della controllata Mediocredito centrale.

(2 – continua)