Prestiti rapidi alle imprese e guerra ai clan: si può. Il procuratore della Cassazione Salvi parla all’Antimafia di forti rischi per le aziende sane

Controlli attenti sui prestiti da concedere agli imprenditori, ma senza rallentare l’erogazione di quelle somme. Controlli antimafia, ma senza che la garanzia di legalità freni la ripresa economica. Questa, nell’epoca del Covid-19, la strada giusta da seguire secondo il procuratore generale della Corte di Cassazione, Giovanni Salvi. Una posizione espressa dal magistrato audito dalla commissione parlamentare antimafia. “Sono contrario alla panpenalizzazione del rapporto con gli imprenditori – ha detto Salvi – trovo più opportuno che per l’accesso al credito in questa fase di crisi di liquidità generata dalla pandemia si ricorra a sanzioni severe per chi mente sulle autocertificazioni”, intese come una “griglia di risposte” che forniscono il “ritratto” dell’imprenditore e con le quali si supera anche la certificazione antimafia, che potrebbe essere sospesa fino all’estate 2021 dal dl semplificazione, e si velocizzano le procedure per ottenere i fondi. Per il magistrato, eliminare totalmente l’acquisizione dei certificati antimafia può essere penalizzante, ma si potrebbe ovviare con una sanzione molto forte per false dichiarazioni, sul modello di quanto avviene negli Usa. Il procuratore generale ha quindi quantificato in 150-160mila le imprese in crisi di liquidità per il Covid e ha spiegato che il gruppo di lavoro da lui organizzato ha chiesto a Bonafede di “procrastinare l’entrata in vigore della riforma perché soprattutto Unioncamere non era in grado di far fronte a una crisi di liquidità di questa portata”.