Fondi Lega, proposta di cauzione respinta. I contabili indagati hanno offerto l’intera cifra contestata per tornare in libertà. Ma i giudici hanno rifiutato

Qualcuno già parla di cauzione, pur non esistendo nel nostro ordinamento, ma quel che è certo è che i revisori contabili per la Lega in Parlamento Alberto Di Rubba (nella foto) e Andrea Manzoni nella scorsa udienza del Riesame hanno davvero giocato il tutto e per tutto. Già perché a distanza di quattro giorni dal verdetto con cui i giudici hanno bocciato la richiesta di revoca degli arresti domiciliari, si scopre che i due indagati per la compravendita truccata del capannone di Cormano da parte della Lombardia film commission, pur ribadendo la propria estraneità a tutte le accuse, hanno offerto 178mila euro ciascuno a titolo di quella che appare come una sorta di cauzione.

La mossa inusuale fa parte della strategia difensiva che, come riferito, puntava a fugare ogni dubbio sul comportamento dei due commercialisti che, a dispetto dei dubbi dei pm, continuano a definirsi “onesti”. Peccato che le cose non sono andate come speravano perché la proposta economica, la quale – è bene specificarlo – è perfettamente legale, non ha sortito l’effetto di un parere favorevole all’istanza proposta dato che, come noto, i giudici hanno confermato la misura cautelare dei domiciliari firmata il mese scorso dal gip Giulio Fanales.

Sostanzialmente la decisione di mettere sul piatto 178mila euro ciascuno, ossia il doppio della cifra di cui, per la Procura, si sarebbero appropriati indebitamente con la compravendita, è una sorta di anticipo di risarcimento qualora dovessero essere giudicati colpevoli. In caso contrario, invece, l’importo sarebbe tornato al mittente. Ma c’è di più. In genere proposte simili, se accolte dai giudici, hanno lo scopo di evitare il sequestro preventivo dei conti o altre iniziative che potrebbero essere ben più dannose per gli indagati. Inoltre in caso di sentenza di condanna, influiscono sul calcolo della pena come attenuanti.

FLUSSO DI DENARO. I due professionisti, finiti ai domiciliari il 10 settembre scorso insieme al commercialista Michele Scillieri e al cognato Fabio Barbarossa, hanno sempre affermato che i 178mila euro si riferivano a un’operazione immobiliare per una famiglia della Valseriana. Gli stessi hanno anche negato che la compravendita sia stata gonfiata, consegnando una perizia firmata da due componenti dell’ente inglese Royal Institution of Chartered Surveyors da cui emergeva che l’immobile vale davvero 800mila euro. Peccato che a non credergli sono i pm di Milano che nell’inchiesta che si muove in parallelo a quella genovese sui fondi della Lega spariti nel nulla e in cui ritornano i nomi dei tre commercialisti, hanno rilevato che il capannone di Cormano nel 2017 è stato ceduto per 400 mila euro all’Immobiliare Andromeda srl che a sua volta, dopo nemmeno un anno, lo ha rivenduto per 800mila euro alla fondazione che si occupa della promozione e dello sviluppo di progetti cinematografici in Lombardia.

Un acquisto che, secondo quanto sospettano i pm, sarebbe avvenuto sulla base di un bando cucito su misura della struttura di Cormano. Un’inchiesta che, stando a quanto trapela, si avvia alla conclusione con i pm che stanno valutando la richiesta del giudizio immediato.